domenica 26 aprile 2009

UN PUNT E MES (INTERROGATIVO)

Passiamo allora - come dite voi giurisperiti - ad un argomento sub tegmine fagi . Come vanno le sue cause ? Homo sine pecunia imago mortis : ha qualche nuova trovata giuridica da raccontarci ?

Come no ? Forse che mi manca mai la fantasia ? Ho impostato una nuova causa giusto in questi giorni. Una radicazione veramente brillante, me lo dico da me perché sennò nessuno me lo dice tranne la mia mamma. In due parole di tratta di questo: ho fatto causa al puzzone perché non ha pagato la pietra tombale del papà !

Avvocato, ma come ?! Un’altra causa contro suo fratello ?

Certo, sempre addosso all’infame sporcaccione. Lotta dura senza paura ! Ma crede davvero che io ne abbia per così di gente che viene a chiedermi un parere legale sul serio ? Mamma ed i fratelli invece si bevono tutte le mie trovate, ma proprio tutte ! La faccio breve: l’ho accusato di “ mancanza di senso di umana pietà verso un defunto” accusandolo di non aver pagato la sua parte della pietra tombale del povero papà, che Dio l’abbia in gloria. Tanto il giudice mica lo sa che nemmeno noialtri fratelli abbiamo mai pagato nulla !

Quindi non è vero che lui non l’ha pagata !

Vero … vero … Ma dove siamo qui, alla Pravda ? all’Osservatorio delle Orsoline ? Ma scusi, lei per chi tiene ? è solo in questa trasmissione che le cose devono essere vere per forza ? Alla Fattoria, ad Amici di Maria de Filippi si posson contare balle a spiovere e qui no ? Accidenti ! Miserie e velleità: deve essere un nome una garanzia !
Pensi che dopo tutta la sparata che ho messo nella mia memoria contro il puzzone - che non aveva pagato né tomba né necrologio, che si era sempre negato e sottratto e mai addizionato, che “ così questo fetido vigliacco ricompensava le innumerevoli cortesie e gentilezze che i fratelli e la mamma gli avevano fatto “, che aveva perfino osato farsi vedere al funerale nonostante il divieto della mamma ! – alla fine mi sono dimenticato di mettere nella memoria la fattura delle pompe funebri. Mi sono fatto trascinare dall'estro… Ed dire che quando l’infame mi chiese di dividere le spese io gli ho mandato un bel prospetto: cinquanta centesimi di spese bonifico, un euro e settantacinque di tisane per dodici persone, il consumo della ghiaia del vialetto. Non mancava nulla. Tutto sbagliato a mio favore, è chiaro. Alla voce “Pietra tombale” poi c’è scritto: pagata dalla mamma. Segue un bel punto interrogativo. Ma la causa gliela faccio io, com’è vero che mi chiamo Wil Pajetta ! Insomma, ho fatto una causa io per costringere il puzzone a dare indietro alla mamma un bel quarto di punto interrogativo ! Bella trovata vero ?


Dica la verità, avvocato Paletta. Lei la fattura s’è dimenticato di metterla nel fascicolo, vero ?

Beh, ormai gli ascoltatori mi conoscono. E’ chiaro che la foga forense mi ha tradito un pochettino … Non è solo per quello, però. La fattura certo non la potevo mettere, sennò si scopriva che il sotterratore non sta a Nichelino ma è il mio vicino della porta accanto nella strada in collina ! Sa, non sta bene far sapere gli affari propri in giro, questa è una città così pettegola poi ... E poi la fattura l’ha pagato la mamma, ma con lui ci eravamo messi d’accordo prima su come dividere le spese di giardinaggio. Non ha idea dei quattrini che pretenda questa servitù di oggi. Oltretutto non porta bene con la clientela far sapere che abito fianco a fianco con un impresario di pompe funebri: sa com’è, la gente fa in fretta a far due più due uguale cinque.

Sappiamo sappiamo avvocato. La gente comune con i numeri non ci acchiappa. Però, insomma, il suo è stato un vero colpo d’ala giuridico. Lei riuscirà perfino a far pagare la potatura della bouganvillea al fratello che lei chiama ‘il puzzone’ e che sta cinquecento kilometri lontano ! Lei non perde mai un colpo, avvocato Pajetta. Poco da dire, un maestro resta sempre tale. Bisogna riconoscerlo !

Eh, cosa vuole … bisogna pur sopravvivere in questa giungla subalpina. Ma sa quanti studi di avvocati ci sono qui intorno a via Susa ? Mica due ! Saranno cento, forse. E tutti questi carissimi colleghi devono vivere con asili indocinesi per i figli, vacanze a Courmayeur e Bardonecchia d‘inverno, Varigotti e Finale in primavera estate. Si lo so che c’è pure qualcuno che fa il contrario perché costa meno, ma non è certo chic. Ce sont des parvenus… non dei colleghi, infami pezzenti come diceva sempre a tutti il professor Scoria prima che gli passasse il sorriso nel suo nuovo monolocale con le inferriate… Come dice, se Scoria mi ha chiesto di difenderlo ? No, col l’amico e col parente l’avvocato non si spende. Meglio non rischiare l’amicizia, sa com’è: e se dopo che l’ho difeso lo condannano a morte ? L’amicizia fra noi dell’ upper class subalpina è un cosa sacra ! Tutt’al più potrei occuparmi di organizzare il suo funerale o quello della sua mamma ! Abbiamo giusto il cancello da ritinteggiare, nei prossimi mesi.

lunedì 20 aprile 2009

PROFESSIONI LIBERE

Signore e signori , ben ritrovati anche stasera a “Miserie e Velleità”, la trasmissione dei professionisti subalpini! Un applauso per tutti voi dal nostro meraviglioso pubblico in sala ! Grandi novità ci attendono stasera !(Applausi scroscianti, qualche grida di Bravo! Alcuni fischi di approvazione)
Il recente incontro con l’avvocato Wil Pajetta, che ci ha spiegato come funziona la ‘marchetta Pajetta’, ha avuto un travolgente successo. Un gradimento traversale. Una vera tempesta di telefonate, fax ed SMS (altri applausi), ma noi abbiamo il para-acqua. Vero, carissimi amici ? (applausi ritmati). Ma non sono solo le lodi, purtroppo c’è anche qualche voce fuori dal coro (boati di disapprovazione dalla platea). Ecco, ne prendo una a caso: è di una nostra carissima amica, che dice: “Mi sento offesa da quelle parole, come donna e come professionista, io che finora ho lavorato a testa alta in via Susa … “. Hai ragione, carissima. Proprio per fare qualcosa di bello e di buono, per farci sentire tutti per uno ed uno per tutti, abbiamo stasera con noi un’ospite speciale. Una decana, se si può dire così., una veterana della zona di Porta Susa. In senso buono naturalmente. Un vero punto di riferimento di saggezza e savuàr vivr per le giovani e meno giovani generazioni ! Graditissima e brillante come sempre ….. tòta Immacolata Ferrero, meglio nota ai più grigi di noi come ‘la contessa di Castiglione’ !

(Un’anziana e distinta signora si avvicina con fare elegante e si siede compostamente, sorridendo al pubblico)

Tòta Ferrero, mi diceva che lei non gradisce più esser chiamata con il titolo nobiliare … Come mai ?

Beh, sa, ‘scolti. Io mica sono nobile veramente … E poi un tempo aveva senso che mi chiamassero così, quando esercitavo, ora basta. E’ il nome che mi davano i clienti, per brevità. Ed anche perché lavoravo giusto di fianco alla caserma , quella dei bersaglieri, ricorda ? Ha presente dove adesso c’è … sì, insomma, dove adesso ci lavora tanta gente, ma a quel tempo ce n’era molta di meno. Con tutto che c’era l’intero battaglione ‘La Marmora’, muli ed asini compresi, ma certo meno di adesso. E si lavorava ! Per Dìo come si lavorava ! poi perché noi eravamo tutti specializzati, ciascuno aveva un suo giro sicuro. E così avevamo anche un nome, per distinguerci. Mica come adesso, con tutte queste targhe di ottone e gli esperti in questo e quello spuntano come i funghi in tutto il quartiere, e poi tanto uno vale l’altro. Un altro po’ di colleghi stavano anche giù, dove c’era il mattatoio. Adesso là ci sono i giardini pubblici ma è diventato un posto veramente infrequentabile, mi creda, pieno di gente con le borse flosce e le scarpe a punta e la cravatta reggimental, Gesugiuseppemmaria ! A tutte le ore, io ho paura a passarci ormai. Quelli si credono che c’è ancora la caserma! A quel tempo no, il traffico era scarso, c’era quello che veniva a portare le vacche dalla campagna ed arrivava ad ore precise, le sei, le sette di mattina. Sempre con i pantaloni di velluto a coste, estate inverno, ed il gilet con l’orologio e la catena coi ciondoli. Eh, mica tanto signorini erano quelli, ma pagavano bene, altroché. Bei soldoni in rotoli tenuti con l’elastico ! Mica come ‘sti zombie di adesso.

Certo che lei è una vera miniera di ricordi, tòta Ferrero !

Era una bella zona quella, veramente. Si lavorava tranquilli, avevamo il nostro trantran. Poi c’erano quelli che erano specializzati con le carceri: i secondini, i detenuti appena liberati, i parenti in visita …. Quelli lavoravano però fra via Sacchi e le officine della Westinghouse, li vedevamo poco: ma erano gente tranquilla, comunque. Badava al sodo, e sapeva fare il suo. Sa, la clientela loro era di un esigente !
Una clientela esigente ?Certo, esigentissima. Erano tutti espertissimi in … si, insomma, non mi faccia dire quella parola, in bocca ad una signora anziana non sta bene … Come dire, noi di qua del Corso eravamo bravissimi sul civile, e loro invece in particolare in quell’altro diritto … Sa, quello dei clienti delle carceri …

Ah, certo, certo. Anche gli spettatori avranno di sicuro capito ! E ci dica, tota Ferrero. Cosa altro vede cambiato, da quegli anni ?

‘Scolti, qua è proprio cambiato tutto. Troppe galline nell’aia, come si dice: non c’è più scrupolo, non c’è più religione. Uno arriva col suo pezzo di carta e vai ! giù a credersi chissà chi. A muover la lingua a vanvera, a gesticolare a vuoto ed a pretendere pure d’esser preso sul serio dai clienti! Risultati, scarsi, con personaggi sempre più difficili da accontentare e sempre pronti a dare la colpa a te. Una volta c’era più rispetto per la professione, e soprattutto per il cliente. Per prima cosa, anzi, era il cliente che non ti costringeva ad atti umilianti. Sennò vedevi come lo si rimetteva in riga ! Adesso più nulla. E poi adesso ci sono questi impresari immobiliari, questi parassiti figli di mamme loro, che sfruttano i poveretti di sotto, gli fan fare cose turche. Ma di professionista hanno solo il nome, manco i conti san fare. Io sì che li facevo bene, per questo mi chiamavano ‘contessa’. Non ci sono nemmeno più salottini accoglienti per far fare anticamera ai visitatori, che anche se chiacchieravano solo erano sempre una buona pubblicità per l’attività. Sparite anche quelle rivistine messe lì per ingannare il tempo, e più niente tappezzerie imponenti finto damasco che davano l’idea del lusso, della serietà ! Macché, ora quei posti sono – mi scusi il termine – delle “conigliere”: due, tre, anche quattro professionisti per stanza, che si danno il turno, ad ore ! Ma lei si immagina cosa ho sentito l’altra sera da un’amica ?

No, cosa ha le ha detto ?

Che per fare arrivare più luce del sole, e risparmiare sulla bolletta un noto impresario di via Susa vuole fare aprire della grandissime finestre in ogni stanza, ma proprio sulla strada, al piano terra ed al primo piano ! Ma si immagina dove andremo a finire ? Dice la mia amica che questo impresario una volta è stato all’estero, ed ha visto che ci sono posti dove va di gran moda far così, stare così sulla strada che tutti quelli che passano vedono cosa stai facendo … Capace che ti fanno pure le fotografie mentre stai lavorando. E tutto per risparmiare qualche euro dell’ENEL !

Certo che non si può fermare il progresso, tòta Ferrero.

Non dico di fermare il progresso, ma di metterci un po’ di zucca. Far le robe che servono, non quelle che gettano discredito sull’esercizio dell’arte. Ad esempio, ne dico una. In Danimarca, - che poi è lì vicino a dove hanno inventato queste grandi vetrine, ma per Dio mi dica se è un paese civile quello ! – se uno è handicappato ed indigente è lo Stato che paga per il nostro servizio. Siamo un sostegno sociale, insomma: i diritti di tutti vanno difesi ! Questa è civiltà ! Altro che toglierci pure le tariffe minime ! E di handicappati ce n’è pieno in giro, gente che sragiona, che per cinquanta centesimi si rovinerebbe l’esistenza … Non sarebbe bello se lo Stato ci pensasse, che desse loro un po’ di consulenza specialistica, un momento di raccoglimento, di meditazione, e perché no, anche di sfogo ? e così si farebbe avere anche un po’ di lavoro serio a questi colleghi più giovani che ne han tanto bisogno. Tanto dementi restano comunque. Invece c’è pure qualcuno che gli dà corda gratis …

Cambiamo argomento, tòta Ferrero. Come era ai suoi tempi il modo di esercitare la professione ?

Tanta tanta umiltà, innanzitutto. Si iniziava da giovanissime, e sempre dalla gavetta, sempre in ginocchio sui ceci secchi. Nessun grillo per il capo, mai. I nostri anziani ci insegnavano poche certezze, ma di quelle da non dimenticare mai. Specializzazione, soprattutto. Serietà, mica come adesso che aprono la bocca a vanvera. Tutto il resto lo si imparava in trincea, consesso dopo consesso, marca dopo marca. Al futuro bisogna pensarci per tempo: viene una certa età che le battaglie non si possono più combattere con gli ardori giovanili, e bisogna arrivarci preparati . Si fa in fretta a finire nel ridicolo. Il primo segreto era di conoscere bene la natura degli uomini: mai farsi trarre in inganno da quelli che sembrano, sembrano e poi pffff., si sgonfiano come i palloncini a piazza Vittorio. Pffff. Sbagliano i conti, battono i piedi per terra e tirano i telefoni sui muri: insomma, questi uomini sono un disastro , sono sempre lì a parlare di soldi. Mai dargli fiducia, si fan del male da soli e ti ritrovi anche tu derrière parterre, come mi dicevano quando mi specializzavo alla Cannebière. Poi però ci sono pure quelli che non gli daresti una cicca ed invece sono i più pericolosi. Guai a sottovalutarli, questi: capace che ti mettono sotto e non ne viene più fuori. Ed i giovani d’adesso, ad essere messi sotto non ci sono abituati: ci rimangono malissimo quando gli capita, ed invece si mettono da soli in certe posizioni imbarazzanti, che mai avrebbero immaginato ! Ma c’era un altro segreto che i nostri vecchi ci ripetevano sempre: col cliente, mai a gratis e mai per piacere. Les bons conts font les bons amis. Si sa come si comincia e mai come si finisce. Purtroppo i giovani se lo dimenticano, e si lasciano coinvolgere in storie col padrone di casa, con il collega. Un disastro, poi non te ne liberi più. Ed ancora, raccomandavano di metter mano solo a pratiche sicure fin da principio, e fare molta attenzione anche dopo. Un accidente fa presto a capitarti, e poi come fai a lavorare ? Solo pratiche sicure !

Molto, molto interessante. E che altro vi raccomandavano i vostri vecchi ?

Dicevano sempre: “Tutto quel che volete, metteteci tutti voi stessi. Cuore, testa, anche altro ma la faccia no. La faccia non mettetecela mai. Ricordatevi sempre che voi lavorate con la faccia”. A me sembrava un po’ strana questa storia della faccia, eravamo sempre lì al buio con le tende di damasco tirate, mica era ancora arrivato quel tizio là ad inventarsi le vetrine sulla strada. Ma poi ho capito cosa volevano dire i nostri vecchi! Volevano dire: se il cliente pretende di farvi fare e dire cose spregevoli, da svergognare supremamente qualunque professionista che abbia un po’ di rispetto di sé stesso, non fatele. Perché la faccia è la vostra, e di faccia ne avete una sola. Si fa in fretta a perderla e si fa ancora prima a risapersi che l’avete persa. Via Susa è piccola, ci dicevano ! C’è gente che non aspetta altro per … ! Ma se proprio non potete rifiutare, perché vi siete inguaiati da soli, beh, allora prima almeno mettevi una bella mascherina da Zorro !

Bella idea, questa della mascherina da Zorro, però funziona solo nei faccia a faccia. Ma gli atti ? Come si fa con gli atti ? si possono mica concludere con una bella “Z” ?

Vedrà che si arriverà anche a quello, è solo questione di tempo. La sensibilità sulla privacy sta crescendo anche fra noi. Sto giusto mettendo in bella copia un volumetto, per aiutare queste leve più nuove ad affrontare con lo spirito giusto le asprezze del terzo millennio: dopotutto via Cavalli e via Sacchi sono sempre quelle che conoscevo anch’io, le difficoltà della vita per noi sono sempre identiche.

Davvero, tota Ferrero, si sta dando alle belle lettere ?

Non è mai troppo tardi, come diceva quel tale. I nostri amici carissimi che adesso si affollano in tre per stanza e firmano sciocchezze scritte da altri, avranno qualche perla di saggezza. Credo che si chiamerà “Oro-glotto-chiropratica per giovani praticanti , con esercizi illustrati“. Sono sicura che sarà utilissimo per evitare i disastri più comuni della professione di oggi. Sto cercando un partner della mia età disponibile ad aiutarmi per le illustrazioni, ma ancora non l’ho trovato.

Chissà che questo annuncio pubblico non serva allo scopo ! Siamo giunti anche al termine di questo nostro incontro. Salutiamo con affetto tota Ferrero, che nel cuore dei pensionati rimane sempre la “contessa di Castiglione” della nostra gioventù. Ringraziamo ancora il nostro bel pubblico e ci auguriamo che anche la nostra amica di via Susa ci abbia seguiti fin qua, e d abbia apprezzato le parole schiette e sagge della nostra ospite. A proposito, tota Ferrero, mi saluti tanto suo cugino, il tessitore !
Buonanotte a tutti !

domenica 29 marzo 2009

I MISTERI DI VIA SUSA

Signore e signori buonasera e benvenuti al nostro consueto appuntamento settimanale de “Miserie e velleità”, la trasmissione di sopravvivenza urbana dei professionisti subalpini.
Anche stasera è nostro gradito ospite l’avvocato Wil Pajetta. Il nostro ospite, ci intratterrà con il consueto garbo e l‘arguzia abituale sui più riposti segreti della sopravvivenza urbana di un professionista subalpino.
Ecco a voi, l’avvocato Wiiill Paaaa- jet-ta !!


(Un suono di nacchere e zampogne accompagna Wil Pajetta che trotterella a suon di musica verso uno sgabello in centro alla sala. Si arrampica)

Avvocato buonasera, ben tornato fra noi. Il suo successo umano e professionale è ormai dilagante, è stato aperto perfino una pagina su Facebook , lo sapeva questo ? Oltre centoventi “amici di Wil Paglietta” iscritti solamente nella nostra regione … I suoi consigli hanno colpito al cuore i nostri ascoltatori , non c’è che dire ! Ci svelerà qualche altro segreto professionale stasera ?

Buonasera a tutti voi, felicissimo di incontrarvi nuovamente a Miserie e velleità. Questa chiacchierata con lei e con il gentile pubblico sta diventando davvero una piacevolissima abitudine. Tanto che la prossima volta voglio farvi conoscere anche il resto della famiglia, la mia mamma ed i miei fratelli. Escluso il puzzone, s’intende, ma tanto quello non esiste, non è mai esistito e se esistesse almeno bisognerebbe frantumargli le rotule. Parliamo di cose piacevoli, invece … non dico che frantumargli le rotule non sarebbe piacevole, ma io non sono nemmeno capace di sturare un lavandino, figuriamoci frantumargli le rotule … Purtroppo io devo accontentarmi di muovere la lingua, perché anche a scrivere io zoppico, altro che rompere le rotule agli altri.

Certo, certo avvocato: il nostro pubblico vuole azione, e lei, di azione, con la lingua ne promette a secchi ! A proposito, è vero che la sua mamma è una grande amica della mamma del professor Scoria ?

Grande amica, grande amica … Si conoscono da tempo, certo. Si frequentano, so che si scambiano spesso complimenti per come bene hanno tirato su i figli, di come sono state brave. Sa, è giusto che a ottant’anni si tolgano qualche soddisfazione, dopotutto se lo sono meritate. Ma madama Scoria in fin dei conti è solo una ex panettiera di Costigliole, la mamma con il suo livello sociale non è che riesce a farci gran discorsi. Insomma mamma Scoria ha i suoi limiti, è anche un po’ menosa, suo figlio qui, suo figlio lì. La conversazione è quella che è, sempre a parlare di tutta la strada che ha fatto suo figlio studiando, e senza mai prendere un soldo, sia chiaro ! Insomma dopo un po’ alla mamma dà sui nervi, Ospedaletti qui, il castello là, il badante in uniforme ... Certo lei poi non ha mica i crucci che ha la nostra mamma, con quell’infame cialtrone e puzzone che invece guasta la vecchiaia a lei ed ai fratelli: la Scoria no, lei ha solo due figli ma tutti e due così perbene – anche l’altro è ben piazzato in Regione a tener bordone – che le danno tante soddisfazioni anche economiche e le fanno incontrare tanta gente chic e non le fanno mancare nulla … Proprio nulla:_persino lo stipendio le passano, quei bravi figlioli.

Torniamo a bomba, piuttosto. Ci stava raccontando di quanto è dura la competizione fra i professionisti di via Susa …

Ah, durissima. Dura da non credere, una Parigi-Dakar quotidiana. Siamo uno appiccicato all’altro, sempre a scrutarci, a studiarci, a tentare di fregarci uno il cliente all’altro. Coltellate da non dirsi, che manco fra fratelli, con tutto che siamo colleghi carissimi ... Un inferno. E tutti noi abbiamo diritto ad avere la camicia stirata, la cravatta regimental, le scarpe a punta e la borsa floscia di cuoio grasso, mica solo i bravi. Ma lei sa quanto costa una borsa floscia di cuoio grasso, al giorno d’oggi ? Ed una seduta al solarium ? Da non credere, è un incubo. Con i clienti che non ci sentono, da quell’orecchio: ore di discussioni per duecento miseri euro a telefonata in parcella ! Io lo ripeto sempre alla mamma le rare volte che vado da lei a pranzo tutti i giorni: mamma cara, là fuori è una giungla ! Fortuna che c’è la difesa d’ufficio: i clienti non sono per nulla esigenti, - tossici e vagabondi che tanto verrebbero condannati ugualmente, per loro anche uno come me va bene. Oltretutto se ci metto sul serio tutta la mia scienza li condannano all’ergastolo e li perdo per sempre, mentre così sto zitto e questi albanesi pulciosi dopo due anni son fuori a delinquere di nuovo e con un po’ di fortuna il giro ricomincia. Per questo io sono ben visto dai PM: con me lavorano poco e fan sempre bella figura !

Geniale, avvocato Pajetta. Veramente geniale. Ma davvero la difesa d’ufficio è sufficiente per vivere decentemente nella giungla subalpina ?

Magari, magari lo fosse. Per vivere no… Sopravvivere forse, certo non decentemente; voglio dire, la dignità della professione richiede ben altro, non si può transigere né sulla tata polivalente franco rumena a doppio tempo pieno continuato e collaudato con vacanze prepagate, né sul triplo alloggio in collina, né sull’asilo indocinese per la piccola. Forse con la difesa d’ufficio si arriva ai weekend a Varigotti in corriera ed alla borsa di cuoio grasso contrattata dal senegalese all’angolo, ma nulla di più. Non so se capisce: tutto quello che vedete in giro dai colleghi – scarpe all’ultima moda, pizzetti regolati di forbice tutte le mattine, tallieurini da liberoscambiste con tacchetti a spillo – sono il frutto faticosissimo di ore ed ore che quei poveri pezzenti passano sui mercatini rionali. Di lampade UVA piazzate sul comodino mentre sbocconcellano una mela per tutta cena. E quando arrivano le vacanze, guai a farsi vedere in giro: reclusione in casa e tutti a dire che sono alle Seychelles! Mica il tempo lo spendono nelle aule di tribunale, nel sofferto studio delle sudate carte: giusto i più vergognosi lo fan credere da giovani, ma poi gli passa. Ma questo i nostri affezionati ascoltatori già lo sanno, è la risposta che vogliono: come fare ? Io la risposta, come sempre, ce l’ho. Le risposte per me sono come la spudoratezza: guai a restare senza.

Ci dica, avvocato Pajetta: qual è la sua soluzione ? Ha forse un coniglio nel cappello ?

Niente coniglio dal cappello, per carità. A casa mia non durerebbe, passerebbe subito in pentola.
Ecco qua: hanno voluto mandare in pensione la marca Cicerone ? la risposta è la marchetta Pajetta. La Merlin ha chiuso le case chiuse: Dio solo sa come ha fatto a chiuderle senza prima riaprirle, e dire che non abbiamo nemmeno studiato insieme ! Studiato .... Certo, si fa per dire ! Ma è l’avvocato Wil Pajetta che inaugura una nuova specializzazione forense, quella del “tenutario della legge in conto mamma”. Si, cari ascoltatori, perché è la mamma la soluzione, l’alfa e l’omega del professionista subalpino di successo. Nella nostra upper class subalpina si dice che pecunia non olet. Basta non parlarne mai, perché parlare di denaro è da plebei. Ma pensarci non è mica peccato, anzi! E fregarla al prossimo un obbligo ! Decoro della professione ? Tutto fumo negli occhi ! Basta avere un bel doppio alloggio in via Susa, piano terra e primo piano cento metri dal tribunale. Se ti fai un po’ furbo fai soldi a palate, e del codice te ne freghi.. Quante stanze hanno gli alloggi tutti insieme, sette ? Otto ? Metteteci anche la portineria, ne facciamo nove - dieci ? Tolte anticamera, segreteria e studio padronale c’è posto per sei, sette badilanti della carta bollata che scuciono mese per mese il diritto di sedersi per trenta giorni. Palanche sicure, se esce uno subito entra un altro. Sempre a pagamento anticipato è chiaro ! Maison de plaisir de la loi, la chiamo nella lingua d'oltralpe: in effetti, qui da noi la Legge si fa delle matte risate.
La cara mamma farebbe di tutto per suo figlio che ha tanto una bella posizione, sennò cosa racconta la prossima volta che vede madama Scoria ? Nemmeno l’affitto vuole che le paghi: me lo ripete tutte le volte che vado da lei a pranzo e cena, circa ventidue volte al mese agosto compreso. Là fuori c’è tanto una giungla, mi dice sempre … Certo che io però il mio affitto dai colleghi lo pretendo, eccome, sennò come vivo ? Con i clienti che non ho ? Con gli albanesi pulciosi in libertà provvisoria ? Sputo forse sopra seimila euro al mese tutti i mesi che mamma e colleghi mi mandano in banca, per non parlare del nero ? Che siano i dozzinanti figli di nessuno a sbattersi a cercare clienti, io il mio l’ho sudato già tanti anni fa solo a prender la laurea !

Stupefacente, avvocato. Una vera rivoluzione nella storia della libera professione subalpina. Adesso capiamo perché lei ha potuto raggiungere quel nobile distacco dalle cose del mondo, e la sua completa padronanza del Codice che tutti noi così tanto le ammiriamo. Il Tempo: lei in questo modo ha il tempo di studiare, di meditare … Ma i suoi fratelli sono d’accordo ?

Non mi parlate del puzzone ! Quel zanardello, quel calamandréo ! Io a quello appena posso gli fracasso le rotule. Crede pure di aver titolo lui sull’alloggio della nonna, come se la mamma non mi avesse già detto da anni che quell’alloggio è mio ! E’ mio, capito ? E’ roba mia ! M-I-O ! Sa quanti soldi ne ho scavato di là ? Che dice … ? Tre- quattrocento mila esentasse fin’ora? Moolti, mooolti di più, mi creda, non ha idea di cosa costa la tata rumena. Quell’avido, quello sporcaccione, che neppure è restato in questa città di sterco e se ne è andato fuori dai piedi trenta anni fa, quei soldi lì invece se li è dovuti guadagnare dai clienti, e ben gli sta. Centesimo dopo centesimo, pagandoci le tasse sopra, come tocca ai pezzenti che chiedono l'elemosina. Cosa vuole ancora, che non l’abbiamo fatto interdire fin d’allora ? La sua parte dell’alloggio di via Susa vuole ? E poi ? Niente altro ? Magari vuole pure la sua parte di via Cibrario e degli altri immobili ! Lo vede che è fuori di testa ? Gli altri fratelli invece sì, certo che sono d’accordo: la mamma ci ha promesso un immobile ciascuno, dopo le tante soddisfazioni che può raccontare. Ad esempio lei può andare orgogliosa d’un figlio che ha inventato la maison close a mesate invece che a quindicine, e ne è tanto fiera che con le sue amiche non parla d’altro. E poi, le soddisfazioni che le dànno i nipoti, dovrà ben pagarle, o no ? E dire che la mamma ancora non sa che cosa costringo a fare i miei inquilini ! Se lo sapesse, avrebbe sì qualcosa di cui vantarsi con madama Scoria …

Perché, di che si tratta ?

Vede: il figlio di madama Scoria, il professore intendo dire, è – per così dire, troviamo la parola giusta …. – un po’ diverso. Diverso, insomma: un po’ strano… A farla breve - non è un pettegolezzo, sia chiaro, Scoria è sempre un amico ! - : lui con le donne niente. Solo e soltanto la mamma ! Però non come noi, che la mamma la trattiamo bene non perché le vogliamo bene ma soprattutto per i suoi soldi, e se solo potessimo la strozzeremmo. No, no, per lui esiste veramente solo la mamma: le altre donne, nisba ! Visto che poi il professor Scoria ha un caratteraccio, che secondo lui tutti sono scemi, tutti cretini, tutti imbecilli, solo lui è bravo, bello, intelligente e colto, allora ha messo in croce il domestico filippino e gli ha fatto le proposte oscene e gli ha dato le multe per non pagargli manco il poco che dovrebbe e madama Scoria è tanto orgogliosa di come il figlio professore sa far rigare diritto la servitù che ne parla in continuazione con la mamma ed a mamma questo non va giù, perché anche il nostro fratello piccolo è proprio identico preciso al professor Scoria, cioè anche lui donne niente, tutti sono scemi e tutti cretini e solo lui è bello, intelligente e colto. Però mio fratello piccolo non ha neppure il coraggio di andare con gli uomini, e poi non è professore, manco è laureato. Però professore vero è il mio fratello grande, proprio come Scoria, ma madama Scoria dice sempre alla mamma che no, non vale, che un solo figlio professore gretto, checca, ladro ed arrogante vale molto di più che tre separati, cioè uno mentitore e ladro, uno ignorante ed arrogante che non ha mai visto una donna ed un terzo professore e rancìno. Allora ho pensato di mettermi in pari e far felice la mamma, aiutandola a ribattere per le rime a madama Scoria la prossima volta…

Ci dica, avvocato Pajetta. Cosa ha fatto ?

Ah ah ! E’ un’evoluzione della mia teoria forense della “Domus clausa vel lupanar legis. Amen”. Ho ammaestrato le mie pagatrici di pigione a mettere al posto mio oltre la firma pure la faccia ! Sennò, gliel’ho detto chiaro, se non mi fanno questo favore si pigliano un calcio nel didietro e sciò ! Che vadano in strada ad esercitare, sul marciapiede od in mezzo alla carreggiata come preferiscono. Non è affar mio. Ha presente la targa che c’è fuori dal mio studio in via Susa ? L’ha letta bene ? E che c’è scritto ? Come ? “ Wil Pajetta avvocato patrocinante in Cassazione” ? Eh no, caro amico, non c’è scritto così: lo vede che non è stato attento ? C’è scritto invece : “Wil Pajetta avvocato, patrocinante in Cazzatone”. Cazzatone, accrescitivo. Non Cassazione, quella manco so che cosa è . Ma vuole che le firmi io,le cazzatone ? ma ci ho forse scritto in fronte sale e tabacchi ? Con la fama che ho già ! No, no, io le mie cazzatone le faccio firmare dalle mie professioniste che mi tengo in casa e che mi pagano già fior di quattrini per restarci sennò non sanno dove andare ! Appena lo saprà la mamma, sì che avrà qualcosa da raccontare a madama Scoria, altro che un figlio che tocca nelle mutande il domestico filippino …

Avvocato Pajetta, anche stasera non posso che farle i complimenti per la lezione di raffinatezza, dedizione alla professione ed umanità che ha dato a me ed a tutti i nostri fedeli ascoltatori. Spero di averla ancora nostro ospite prossimamente, e sono sicuro di interpretare con questo mio auspicio l’entusiasmo di tanti e tanti professionisti subalpini che aspettano da lei sempre nuove rivelazioni su come fare a tenere il train de vie che tutti le invidiamo.
Buona notte a tutti, ed arrivederci alla prossima puntata. Avremo un ospite a sorpresa. A presto, e non mancate.

lunedì 23 marzo 2009

ACTIO PAJETTAE

- Signore e signori buonasera e ben ritrovati al nostro appuntamento settimanale de “La pazienza”, la trasmissione dedicata ai professionisti subalpini.

Per il ciclo Miserie e velleità, abbiamo gradito ospite questa sera l’avvocato Wil Pajetta, che molti di voi ricorderanno. E’ una figura molto nota fra i colleghi, anche se non abbastanza. Permettetemi questa nota personale di solidarietà, vista la disinvoltura dell'esimio Pajetta davanti alle telecamere e non solo … Vi prometto, graditi ascoltatori, che faremo di tutto per rendere la figura e la competenza dell’avvocato Wil Pajetta più popolari ancora ! L’avvocato Pajetta credo ci divertirà stasera con la sua consueta arguzia e schiettezza che tanto ci affascina. Risponderà alle domande che ho selezionato fra le numerosissime giuntemi da parte vostra nei giorni scorsi.

Come il titolo indica, Miserie e velleità, l’avvocato Pajetta ci svelerà i suoi segreti più nascosti, ci racconterà la sua visione del mondo e della società, nonché di come si possa sopravvivere e prosperare nella giungla urbana subalpina. Argomenti appassionanti, come voi cari ascoltatori immaginerete: se rimarrà tempo, daremo anche voce direttamente a qualcuno di voi di solleticare l’estro e la competenza dell’avvocato Pajetta ponendogli domande in diretta.
Ma bando agli indugi, diamo fuoco alle polveri ! Ecco a voi, in esclusiva per Miserie e velleità, l’avvocato Wil Pajetta !


(Squilli di trombetta e rulli sincopati di tamburi di latta in sottofondo. Un fischietto da stadio intona le prime tre battute di “Funiculì funiculà”)

- Avvocato Pajetta ben tornato fra noi ! Entriamo subito nel vivo, come si aspettano i nostri fedeli ascoltatori. Si sente in forma per affondare il coltello nella piaga ?

- Buonasera a lei ed a tutti gli ascoltatori. Certo, non sono un chirurgo, io con i coltelli non ci so fare molto, ma restando in famiglia un paio di fratelli esperti li trovo … Ah ah, fratelli coltelli, che bella battuta, poi forse ve la spiego meglio ! Si, si, cominciamo. Cominciamo pure.

- La nostra rubrica si chiama, come ben sa, Miserie e velleità. Sbarcare il lunario è sempre più difficile in questi tempi di crisi, che consigli ha da dare agli ascoltatori ?

- Fate causa, fate causa ! E come legale rivolgetevi a me, sennò non serve !

- Perché non serve ?

- Perché altrimenti i soldi li fanno i miei colleghi, non io. Chiaro no ? Io vi garantisco tutto: pane, amore e pure fantasia. Soprattutto, tanta fantasia !

- Ma cosa le dà la certezza di vincere le cause ?

- Ingenuo, ingenuotto … Mi stuzzicate a rivelar subito i segreti ? Ebbene sia: avete presente Previti e Taormina ? Pieni di clienti famosi con cause strampalate, e per i clienti meno famosi condanne senza appello con parcelle da capogiro e veleni a piene mani ? Eppure hanno successo ! Li leggete i giornali ? E vi siete mai chiesti perché ? Semplice: dopo anni, anni e anni passati a leccare tutto il leccabile e pure l'inleccabile turandosi il naso, finalmente un loro caro amico si è trovato nella condizione di fare lui le leggi. Così, Previti e Taormina fanno credere ai clienti che tramite il loro amico possono far fare le leggi che comodano loro. Anche se non è sempre vero, sono loro che fanno soldi a palate ! Ma sono veramente intelligenti, competenti Previti e Taormina ? Non sta a me dirlo, lo dirà la Storia. Noi giureconsulti siamo anche storici ! Io dico solo il loro è un agire vecchio, superato. Ora è venuto il tempo dell’ actio Pajettae !

- Ci spieghi, ci spieghi avvocato. Cosa è l’ actio Pajettae ?

- Modestamente, è una mia invenzione, di cui vado molto fiero. Un mio segreto di fabbrica. Ma lo spiegherò volentieri agli ascoltatori, magari con un esempio. In punta di diritto, come diciamo noi giureconsulti, l’ actio Pajettae è null’altro che l’ actio rejectio rejectionis, objectio objectionis. Supponiamo che emerga il brocardo - c'è sempre un brocardo che emerge ancorché bagatellare - che rara avis sed lex. Lei che farebbe ? Cave canem, è ovvio ! Ma dato che canis est quia non canet, ecco che l’ actio Pajettae mette le cose a posto a favore del reo che è anche attore. Comico, ma pur sempre attore.

- Avvocato, forse gli ascoltatori sono un po’ confusi dalla terminologia legale. Potrebbe fare un esempio più concreto, più della vita di tutti i giorni ?

- Certo, certo. Però nella pratica della Legge bisogna usare i termini giusti sennò non ci si capisce. Cercherò di scendere terra terra. Ho proprio un esempio calzante e scarpante, non me lo sono preparato apposta, è proprio vita vissuta di questi giorni. Un caso che ho fra le mani. Ecco, si tratta di questo. Mi puti questo caso … Me l’ha putato ? Bene, bene. Allora, putiamo il caso che io voglia aiutare me stesso ed i miei fratelli a fregare un tizio, (un caio qualunque, una nullità, un puzzone vilissimo ), per una cifra che valga la pena del disturbo. Diciamo qualche centinaio di migliaia di euro.

- Ma come, avvocato ! Lo dice così ? Fregare un tizio qualunque di qualche centinaio di migliaia di euro per tornaconto suo e dei fratelli suoi ?

- Ma scusi, questa rubrica si chiama o no Miserie e velleità ? Mica siamo dalle Orsoline del Cenacolo. Devo fare un esempio misero e velleitario sennò non sono in tema ... insomma le sto facendo un caso concreto ! Vabbé, putiamo che il tizio, il caio, la nullità insomma - quello che dobbiamo fregare, per capirsi - sia un fratello anche lui: è contento così ? Allora, io ed i miei fratelli dobbiamo fregare qualche centinaio di migliaia di euro ad un altro fratello nostro. Lei come farebbe ? No, non mi risponda: non mi dica quelle solite frasi fatte “ ma fra fratelli, ma scherziamo davvero, ma chi penserebbe mai di fare una cosa del genere …” : parliamo seriamente. Perché io seriamente, con i tanti anni di esperienza professionale le dico che un sistema c‘è. E sicuro. Per prima cosa, alla nullità intendo, gli faccio causa per 108 euro. Anche se non me li deve, gli faccio causa ugualmente. Giusto perché capisca chi è che comanda, ovviamente dopo la mamma, la moglie, la figlia e la gatta, e senza dimenticare sorelle e nipotine.

- Va bene, avvocato, è lei che comanda: ma perché 108 euro ? Non aveva detto che voleva portargliene via alcune centinaia di migliaia ? E poi, scusi, se non glieli deve non glieli darà mai. Quello resiste, si oppone, dimostra che non glieli deve !

- Ebbravo lei ! Fortuna che fa solo l’intervistatore, e non l’avvocato ! Sarebbe disoccupato e pure affamato cronico! Le toccherebbe andare a piangere un piatto di minestra tutte le mattine dalla mamma ottuagenaria ! No, adesso le spiego come si fanno queste cose. Tanto per cominciare, lei deve essere mentalmente certo e sicuro, pervicacemente e assolutamente convinto che quei soldi l’inetto glieli deve sul serio anche se non è vero. La convinzione granitica fa il vero verbo del giureconsulto. I dubbi non sono consentiti ! Quindi, black out totale ! Non apra le raccomandate, non guardi gli estratti conto, non parli nella maniera più assoluta con qualcuno che potrebbe consigliarla a comportarsi in modo appena appena più prudente. E’ uno stato zen della mente: al mondo non esiste, non deve esistere altro che quella causa a suo fratello. Mortale e fulminea, da 108 euro ! Una bastonata alle reni ! Zac ! Zac !

- E poi ?

- E poi, e poi .... Si arriva in sede di giudizio ed il fesso, il pavido, il derubabile insomma, se non si è calato le mutande prima, dimostrerà magari che i soldi non li deve dare ad esempio perché li ha già dati, ma io il mio conto in banca non lo controllo mica, sono mica scemo ! Soffro di vertigini, per di più. Convinctio convictionis facit pajettam securum ! C’è perfino il caso che l’infame chieda la restituzione di altri quattrini che gli avevo fatto pagare in più. Perché con le banali quattro operazioni ho sempre avuto problemi, a cominciare dalle banali divisioni, ma vuol mettere sentirsi investito di un sacro potere che torna così comodo alla mamma ed a pagare la retta dell’asilo indocinese ? Solo a pensarci mi sento un un frissone da divisore nato !. Per soprammercato può anche capitare che quel porcone cominci a sputtanarmi sul blog, e chi sa che altro si è già inventato che ancora non so ! Ecco: quello è il momento della actio Pajettae ! Zac ! Una sciabolata ! Ac-tio Pa-jet-tae ! Né Previti né Taormina sono mai arrivati a tanta scienza forense. Quelli si limitano a robe all’antica: corrompere i giudici, farsi le leggi a comodo loro. Tutta roba costosa, lunga nei tempi, incerta. Ac-tio Pajettae ! La legge non è necessario cambiarla: basta IGNORARLA. In tutti i sensi, in tutte le accezioni. IGNORARLA ! Certo: l’actio Pajettae riesce meglio se la legge proprio non l’hai mai studiata, o l’hai studiata per finta e te la sei dimenticata il giorno dopo l‘esame passato con diciotto. Ma funziona anche negli altri casi, anche se vagamente ti ricordi qualche articolo. Fondamentale è essere uno che se ne frega - come diceva il compianto De André - perfino della decenza. Parola di Wil Pajetta ! Uno solo deve essere il concetto: Actio Pajettae, rejectio rejectionis, objectio objectionis, bidi bodibi bu : io prima faccio causa per 108 euro, e se non riesco a dimostrare un ben nulla, allora tiro fuori qualcos’altro. Per meglio dire, invento a spada tratta. Fratelli coltelli ? Ed allora giù con le spade ! Anzi, il malefico ha rubato pure quell, aggiungiamolo in corso di causa! Non andava bene la ragione dei 108 ? E ne inventiamo una per 5.000, per 12.732, 26, per 20.260 ! Magico crescendo, un'estasi orgasmica che non finisce mai! E quell’altro - il fesso, il puzzone intendo dire - ha un bel cercare di difendersi, ma no, nemmeno i 20.260 gli devo … ogni volta io zac! Actio Pajettae bis ! tris ! quater ! una manganellata da lottatore continuo, invenzioni del Codice invece che chiavi inglesi Beta 36! Zac ! Zac ! Finirà prima o poi che il giudice o l’avvocato avverso si stancano di cercare di dipanare, capire, giustificare, di chiosare, di puntualizzare e dimostrare, no ? Zac ! Zac ! Actiones Pajettae come se piovesse, a due due finch’è il fesso fratello non le vede dispari ! Fare causa per A, poi se non la spunto chiedere B e se quello insiste a dimostrare che sparo a caso (con una “s” sola, sia chiaro), dopo ancora insinuare che il giudice deve rispondere anche su D, E F e tutto l’alfabeto. Così si arriva prima o poi alla cifra che vuole la mamma ed il giudice si stufa ed io ho ragione. Ha capito come funziona ?

- Davvero, avvocato, sono basìto, Resto di sasso. Una simile sottigliezza giuridica, un vertice inarrivabile di astuzia processuale e di conoscenza degli uomini … Che fortuna averla qui con noi stasera, e che fortuna ci abbia voluto rivelare questo suo segreto professionale che chiunque, logicamente, cercherebbe di tenere solo per sé.

- Effettivamente, sono orgoglioso della mia caratura professionale. La sto inquadrando ora in una più vasta teoria giuridica, che in omaggio alla cultura d’oltralpe ho intenzione di chiamare “théorie de la soupe continue”. Soupe continue, piatto di minestra dopo piatto di minestra, per vent’anni. Pranzo e possibilmente cena e magari pure merenda. E’ un ricordo della passata gioventù da lottatore continuo, e un omaggio deferente alla mamma che sempre sia lodata. Che ne pensa ?

- Mi sembra un’idea eccellente, come al solito. Avvocato, lei è un sole, una fornace, un altoforno a colata continua di idee brillanti. Una copia autentica di una memoria dimostrativa della theorie de la soupe continue vel Actio Pajettae è disponibile gratuitamente per tutti gli iscritti all’Ordine. I vicini di casa possono chiederne copia in pergamena.
Grazie, grazie ancora avvocato Pajetta, grazie di cuore anche a nome di tutti i fedeli ascoltatori di Miserie e velleità.
Arrivederci alla prossima puntata per una nuova, sensazionale chiacchierata con l’avvocato Wil Pajetta.

Buonanotte a tutti !

sabato 7 marzo 2009

A BAND OF BROTHERS -3-



RISSA PER L'EREDITA'. TORINO 6 MARZO 2009
Rissa fra parenti per l'eredità, con tanto di arresti (dieci) e pestaggio di un carabiniere. Il "tesoro" conteso? Di ben modesta entità: una catenina d'oro. È successo a Torino, la sera di giovedì in via Grazia Deledda, nel quartiere Vanchiglia: i membri di una famiglia originaria di Gravina di Puglia (Bari) dovevano chiarire alcuni aspetti di un'eredità e si sono dati appuntamento nell'appartamento di un parente. All'improvviso la discussione si è infiammata per colpa della famosa catenina. Divisi in due gruppi, i congiunti si sono insultati e picchiati, prima dentro casa e poi per strada. I dieci contendenti (compresi una donna e un invalido) se le sono date di santa ragione anche davanti ai carabinieri. Alla fine i militari sono riusciti a dividerli. Ma la domanda resta: a chi andrà la catenina? La difesa d'ufficio degli eredi è stata affidata all'esperto penalista torinese Wil Pajetta.

Corriere della Sera

lunedì 2 marzo 2009

A BAND OF BROTHERS -1-

We are a band of brothers
And native to the soil
Fighting for our dreamed money
With treasure blood and toil
And when our wills were threatened,
The cry rose near and far
Hurrah for Mommie Queen
Who bears a single star!

sabato 21 febbraio 2009

sabato 14 febbraio 2009

FINE DISEUSE

Bien que je ne parle bien
Meme si j'écris rien
Ce que je n'aime pas
Ce sont les papas
dressés en Paglietta

mercoledì 11 febbraio 2009

DICETTE O' PAGLIETTA

Ll'avvocato fesso è cchillo ca va a leggere dint' a 'o codice. Ad litteram: l'avvocato sciocco è quello che compulsa il codice. Id est: non è affidabile colui che davanti ad una questione invece di adoprarsi a comporla pacificamente consiglia di adire rapidamente le vie legali; ad ulteriore conferma dell'enunciato in epigrafe, altrove - nella filosofia partenopea - si suole affermare che è preferibile un cattivo accordo che una causa vinta, ed ancora più ad una causa persa. Entrambe - certamente - più dispendiose e lungamente portate avanti rispetto all'accordo.

Dicette 'o paglietta: a ttuorto o a rraggione, 'a cca à dda ascì 'a zuppa e 'o pesone. Ad litteram: disse l'avvocatucolo, si abbia torto o ragione, di qui devon scaturire il pasto e la pigione. Id est: non importa se la causa sarà vinta o persa, è giusto assumerne il patrocinio che procurerà il danaro utile al sostentamento e al pagamento del fitto di casa. Oggi il proverbio è usato quando ci si imbarchi in un'operazione qualsiasi senza attendersene esiti positivi, purché sia ben remunerata.

Antimo Sebezio Motti e detti napoletani

lunedì 9 febbraio 2009

L'OCA DI MONGRENO

“Signor Giudice, Anacleto Merlino mi ha denigrato dandomi del ‘paglietta’ !”

“Ah, si ? L’ha fatto in pubblico ?

“ No, in privato: in privatissimo. Non lo sapeva nessuno fino a che non mi sono messo a strillarlo io a tutti.

“ E perché Anacleto Merlino Le mai avrebbe detto una simile nefandezza ?”

” Perché ho fatto causa a mio fratello per avere 108 euro che non mi doveva ma ho sbagliato le addizioni e non posso più correggerle !”

“ Ma davvero ? veramente Avvocato lei ha fatto causa ad un gufo dei cartoni animati per avere soldi da suo fratello che non gliene doveva anzi ne avanzava, e ha consegnato tutto il fascicolo in cancelleria con le addizioni sbagliate a proprio favore senza accorgersene ? “

“ No, signor Giudice, mi consenta, adesso spiego come è andata. Sempre e solo per amor di Verità , che sempre sia lodata. Io ho fatto causa a mio fratello che io credo che si chiami Anacleto Merlino ma non ne sono sicuro e poi perché io credo che lui opini sui paglietta quanto opinavano anche Casanova, Cuoco, Colletta, il principe di Belmonte e pure Walt Disney e Nino Taranto. Comunque i soldi non me li doveva perché avevo sbagliato io le addizioni ma gli ho fatto causa ugualmente senza controllare e così gli dovrò restituire anche i mille che gli avevo portato via prima e sui cui mio fratello però era stato zitto per amore di carità. Sono io che credo lui lo pensi che sono un paglietta, ma non ho uno straccio di prova che provi che lui lo pensi sul serio, e poi intanto non ha le chiavi. E comunque è mio fratello è pure un ladro ma non so bene di cosa, e l’ho pure messo per scritto con tre estranei. Per fortuna che non se ne è ancora accorto sennò … !. Lui sta ancora a cercare la stessa roba di un anno fa e non smette di insistere, ma io faccio finta di niente, come mi ha facoltizzato di fare la mamma !”

“Certo, Avvocato, certo. Ho capito. E’ tutta una questione di buon gusto, articolo 9 sottocomma 3 virgola A. Se la legge non c'è facciamo subito un bel decreto ad hoc, ad personam e pure ad usum Delphini. Non si preoccupi Avvocato. A proposito, lei sa nuotare ? Sa, Avvocato,con tutti questi delfini..! Ma sì, siamo seri. Si condanni suo fratello alla pena capitale, ma solo dopo un passaggio allo spiedo sui carboni ardenti. Trattandosi di un volatile non dimenticate di spiumarlo e regolare il sale. Del supplizio sia fatto un DVD per i familiari assenti da proiettare su Sky per tutta la prossima settimana. Quattro volte al dì almeno, durante i pasti. ”

FLORILEGIUM PAIETTORUM

Sono i paglietti timidi ne' pericoli, vili nelle sventure, plaudenti ad ogni potere, fiduciosi delle astuzie del proprio ingegno, usati a difendere le opinioni più assurde, fortunati nelle discordie, emuli tra loro per mestiere, spesso contrari, sempre amici. Il genere della costoro eloquenza è tra noi cagione di altri disordini: le difese sono parlate, lo scritto raramente accompagna la parola; persuadere i giudici, convincerli o commuoverli, trarre alla sua parte gli ascoltatori, creare a suo pro l’ opinione del maggior numero, momentanea quanto basti a vincere, sono i pregi del discorso; finito il quale si obliano le cose dette, e sol rimane il guadagno ed il vanto della vittoria, tanto maggiori quanto più ingiusti. Da ciò veniva che dell’esagerazione o della menzogna, fuggenti con la voce, non vergognavano gli avvocati; e che i ragionamenti semplici e puri della giurisprudenza si mutavano in aringhe popolari e seduttrici, ed il foro in tribuna. Mali al certo per la giustizia e per i costumi, ma rovina e peste nelle politiche trattazioni e ne' rivolgimenti civili, quando bisognerebbe cagione, verità, freno alla plebe, temperanza di parti; ed invece prevalgono la briga, il mendacio, la licenza, indi l'origine de' mali pubblici.

Pietro Colletta, Storia del Reame di Napoli 1734- 1825
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Ritorniamo ai Paglietti, dai quali ci siamo allontanati, nel cercar la causa della loro esistenza.
Oltre i Paglietti, che rappresentavano in Napoli a quell'epoca lo stato di avvocato e di giureconsulto, un gran numero di nobili e di persone distinte facevansi aggregar alla illustre corporazione, e ciò perchè, siccome molti testatori, conoscevano il caos legale del codice napoletano, così volevano che i loro eredi, onde potessero difendere la fortuna che veniva loro lasciata fossero incorporati fra i Paglietti. ….
Questi paglietti tanto stimati altra volta, sono caduti oggi in disistima completa, ciò che non ha loro impedito di pullulare al segno, che non havvi famiglia che non abbia il suo paglietta, o il suo consigliere. Non si fa a Napoli un acquisto, una vendita, un fitto, una transazione senza che transazione, fitto, vendita o compra sia redatta da un avvocato È inutile dire che i contratti sopra semplice parola d'onore sono sconosciuti, e se si dicesse che presso noi contratti di 200 o 300,000 franchi si fanno, si mantengono e si eseguiscono cori una stretta di mano, colui al quale si raccontasse questa enormità, darebbe del mentitore a quei che vorrebbe fargliela credere.

Alexandre Dumas padre I Borboni a Napoli Libro 1 cap 2

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La mattina del 15 ottobre 1920 don Gennaro ‘o Paglietta’ sputò su un documento. Si trattava del suo stato di famiglia e fu sulla salita di Santa Teresa, sotto una bieca nuvolaglia che soffiava…Don Gennaro sputava sul documento ed ogni tanto si fermava a borbottare: ‘Sissignori, è cosi ! ’

Gennaro Marotta L’oro di Napoli

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Nun fa o’ paglietta ! Nun fa l'Accademia 'e l'ova toste (quando ci si imbatte in discussioni eccessivamente animate per argomenti di futile utilita' e senza arrivare a nessuna conclusione)

Antimo Sebezio Motti e detti napoletani
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«Le noie, e seccature forensi sono state le medesime, anzi maggiori […]. La pratica giornaliera dimostra, che l'esecuzione in questo nostro Paese fa odiose tutte le operazioni più utili, e le avvelena in modo, che si bestemmiano e da chi le ha proposte e da chi le ha ordinate. […] Caro amico, se la nostra Costituzione tutta forense, e litigiosa, e per la quale va tutto a colare il denajo nazionale nella borsa dei Paglietti supremi, medii, ed infimi, non si cangia, e non se ne forma altra veramente politica, e statistica, si starà sempre male, nulla mai otterremo di buono, e ci stropicciaremo il cervello a scrivere e declamare inutilmente». (11 novembre 1792)

Melchiorre Delfico, Lettere. Citate in Carletti "Melchiorre Delfico - Riforme politiche e riflessione teorica di un moderato meridionale"

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Stò pajetta presuntuso
C’à sta dritt’e cumm’an fuso
Né vò juste cammenà
Pajetta, pajetta !

Michelangelo Fagioli, Il Paglietta. Cantata per tenore e archi 1720, Orchestra della Cappella della Pietà dei Turchini

domenica 8 febbraio 2009

WIL PAGLIETTA E LA VILLETTA -2-

“Chi la fa non se l’aspetta “
Dice sempre Wil Paglietta.
Detto facile a smentire
Come lesto vado dire

Strologava un giorno mesto
Sua nipote in ton funesto
“ Già pretende chi mi sposa
Un bel tetto color rosa !

Mamma mia, nonna adorata
Già mi sento sfidanzata !
Senza camere e tinello
Preferisce star zitello!”

Ohibò, disse la Signora
Un rimedio qui s’impera
Di patire per gioventù
Quando mai m’accadrà più ?

Messo mano al portafoglio
Pagò lei l’ambito soglio
Ma col mutuo garantito
S’involò il bel partito !

“Oh vigliacco, o brutta fava !
Se la nonna non pagava
Son sicura che restavi
Nel tugurio dei tuoi avi !

La nipote ogni mattina
Tormentava la nonnina
“Come faccio, dove sbatto
Se non paghi un altro anfratto ?”

Chiusa ormai quella sventura
La nipote ormai matura
Che si sogna sposa in letto
Dove andrà senza alcun tetto ?

“Fermi tutti, arrivo io !
Strepitò da bravo zio
“Una laurea ho ben sudato
Per sanar ogni peccato !

Detto fatto, il vil Caino
S'obliò d’esser piccino
Morto l’avo, sul fratello
Levò subito il randello

“Sporco indegno e pur cialtrone
Vuoi le chiavi del portone ?
Di famiglia è là la sede !
Roba tua, essendo erede ?

“Mai ! Ti dico da avvocato
Il tuo ardire è fin smaccato
Per consiglio di famiglia
Quello va a chi lo piglia

Ma qual comma, ma qual buon senso !
Solo val quel che io penso :
Ragionando da paglietta
Va il palazzo alla diletta

“Già sprecò la poveretta
Di Volpiano la villetta !”
Contraddire provò invano
Chi da tutto era lontano.

C’è fra voi chi può spiegare
Perch’io mai debba pagare
Le pretese a tutto tondo
Di nipoti fuor dal mondo?

L’uno brama il tribunale
L’altra invece lo sponsale
E chi aspira quatto quatto
Alla ciotola del gatto

Ben lo sa chi il gioco mena !
Voi mettete una gran lena
L’un e l’altro a compiacere
Il desiar cui v’improntò

L’uno ambisce a restar quieto
L’altro a fare l’avvocato
Già campar per l’uno è scusa
L’altro soffre per via Susa

Colazione dopo alloggio
Dei suoi soldi fate sfoggio ?
Forse voi le assicurate
Che i suoi torti vendicate ?

Lei per certo ciò s’aspetta
Assai men ch'io il becco metta.
Potrà meglio Wil Paglietta
Le sue ambasce soddisfar ?

Sol chi vale e non richiede
E per giunta è fuori sede
Dispregiato con rancore
E’ guardato con orrore

Troppo lunga fu la farsa
Più non faccio da comparsa
Non mi colse questo lutto
Per veder sprecato il tutto

Allor Wil, (atto funesto !)
Quella causa, non richiesto
Di gran furia, sul più bello
Iniziò contro il fratello

Wil Paglietta pien di sdegno
Si batté con grande impegno
Qual soldato strenuo e ottuso
Perse fama, amici e muso

Per trent’anni dormì male,
Si sognava il tribunale
Con il giudice marpione:
“Avvocato, e st’addizione ?”

Fu fervor procedurale
Ma Paglietta ne uscì male
Mentre nonna ribolliva
La meschina ormai sfioriva

Tal nipote poco accorta
Che avvilita, quasi morta
Senza un tetto né un marito
Rimpiangeva il malpartito

Tribunal lento decide
Ma l'anagrafe procede
Anni assai, forse novanta
Poco val se carta canta

Canta il bollo e la pandetta
Ma la quaglia, che disdetta
Per cantare la vendetta
A quagliar non vuole andar

Il fratello assai villano
Rimaneva ben lontano
Non sottile e neppur bello
Però a Wil lo mise a ombrello

**

Qui si chiude la vendetta
Che muoveva Wil Paglietta
Che atteggiandosi ad esperto
Nuovo dir ha poi scoperto

venerdì 6 febbraio 2009

IL CATASTO E ZEBEDEO

Ciapé pei zebedei. Oppure, come disse il Burchiello, afferrar per li catasti. [1]
E’ un’immagine figurata che risale al basso medioevo, il cui significato è restato inalterato fino ai giorni nostri. Il concetto che sottintende – l’ingannare qualcuno carpendone la fiducia, ed adoperando parole non veritiere con malafede – è una curiosa inversione etimologica del figurato originale. Testis, il testicolo, in lingua latina sta anche per “testimone”. Il teste, colui che at-testa, che conferma, che rafforza la verità di un fatto o di un assunto. Ne sis testis frustra contra proximum tuum..[2]

Il sostantivo latino testis è legato al concetto di “tenere” [3], anche nel senso traslato di “sostenere il diritto”: testes tenere è etimologicamente una tautologia. Nel Vecchio Testamento [4] è menzionato il ricorso, da parte di un servo d’Abramo, all’usanza arcaica di garantire la parola data al suo padrone con l’atto rituale di regger in mano i signorili attributi. D’altra parte, visto che al tempo di Abramo il libro della Bibbia era ancora un work in progress, era giocoforza giurare su qualcosa di diverso, purché sacro e portatile. Inizialmente si è certi che i gingilli fossero quelli altrui, e questo rappresentava un bell’atto di fiducia da parte del proponente. La sacralità di questo gesto era intuitiva e garantita. Poi, con il diffondersi di tribunali e di giurie, cioè organismi privi di attrezzatura propria da affidare al teste, il gesto rituale si è affermato in termini più autoreferenziali, ciascun per sé. Il testimone declamava la propria verità con un braccio levato al cielo, ad invocare i Numi, ponendo l’altro in quella posizione che nei secoli appresso s’affermò come plateale gesto di scongiuro mediterraneo.

Anche su questo aspetto i critici hanno avuto da dibattere: taluni immaginano già al tempo un legame funzionale e concettuale fra il gesto d’invocazione d’un lato, e lo scongiuro dall’altro. Forse un prodromo di quella malafede che si sarebbe diffusa nei secoli bui spingeva già i Latini a cautelarsi ? Il problema di invocare efficacemente il Sacro, ritualizzando validamente il giuramento, in effetti non è più stato efficacemente risolto fino alla pioneristica applicazione dell’invenzione di Gutenberg, che insieme alla più ampia commercializzazione al dettaglio della legna in fascine, ha ristabilito un efficace deterrente per gli inadempienti. Ma questa soluzione su scala storica s’è rivelata inadeguata e provvisoria. La crisi di credibilità del rito, che mal si adattava al diffuso analfabetismo ed al disboscamento riesplose con l’istanza di parità di diritti alle donne e l’islamizzazione progressiva della civiltà occidentale. Solo in alcune pellicole anni Trenta il rito di conferma conserva una minima credibilità scenica, ma è tutto: nella vita d’ogni giorno è caduto nel ridicolo. Nei tempi arcaici, invece, quando la burocrazia tendeva allo funzionalità, più radicalmente né donne né magrebini[5] erano ammessi a testimonianza, ed erano dunque sollevati dalle difficoltà ritualistiche connesse ad una attestazione che sarebbe stato loro arduo validare utroque more.

Dunque, nei tempi che furono il testis, il teste, fisicamente afferrava per li catasti sé o gli altri quando pubblicamente si impegnava a dire il vero. In tutta evidenza, già nel medioevo sembra che i più nutrissero dubbi sull’efficacia probatoria di questo rito, tanto che l’ afferrar per li catasti stava ormai a rappresentare, nell’immaginario collettivo, l’esatto opposto dell’intento originario. E’ una figura classica nell’arte retorica. Si chiama antitesi o contrapposizione: dire qualcosa per intendere il contrario. [6]

Più complesso è ricondurre il concetto di testimonianza alla figura evangelica di Zebedéo, padre dei discepoli Giacomo e Giovanni. Sappiamo di lui solo indirettamente. Per certo la sua storica fama di scarsa brillantezza mentale è del tutto immeritata. Al più, nel dettato evangelico, la figura da testes la incarnano i due figli di Zebedéo, che secondo l’autorevole fonte citata osarono perfino mandare avanti la mamma al posto loro, perché patrocinasse le loro richieste strampalate. Senza che i due bamboccioni siano riusciti d’altro canto ad ottenere che Gesù Cristo modificasse la scarsa opinione che aveva su di loro. Così almeno ci tramanda il verbo di Dio [7] [8].
Gesù Cristo, s’immagina uomo mite e ben educato, non li definì nel modo più icastico che verrebbe spontaneo ad un contemporaneo. I posteri fecero però confusione sulla Divina intenzione, ed attribuirono in toto la dabbenaggine al solo papà, piuttosto che ai due fratelli. Narra infatti il Nobel Saramago che

Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo erano due sempliciotti cui per burla si soleva domandare, Chi è il padre dei figli di Zebedeo ? ed i due meschini restavano interdetti, smarriti, e neanche il fatto che conoscessero la risposta perché evidentemente la sapevano, essendo loro i figli, neppure questo risparmiava loro un attimo di perplessità e di angoscia. … La loro semplicità di spirito non era stupidità né ritardo d’ingegno, loro vivevano come se stessero sempre pensando ad altro, ecco perché all’inizio esitavano quando veniva loro domandato come si chiamava il padre dei figli di Zebedéo, e non capivano il perché la gente ridesse così di gusto quando finalmente, trionfalmente rispondevano, Zebedéo! [9]

Il povero pescatore Zebedeo, padre di tanta schiatta continuò dunque a spaccarsi la schiena per la deludente famiglia, ed il suo nome condannato dalla Storia, senza apparente ragione, alla biblica taccia di “tontolone” ovvero di “balosso”. [10] A meno che, e su questo punto diversi illustri critici non trovano accordo, i posteri non abbiano voluto riferirsi specificamente ai due fratelli in senso denigratorio, indirizzando però la loro disapprovazione verso il patronimico, un nome a cui erano collegabili solo in per via presuntiva dato che nemmeno loro stessi erano tanto sicuri dell’essere realmente figli di Zebedeo. Dopotutto, argomenta qualcuno, di biblici Zebedei storicamente non sono due, ma uno solo. E poi, obbiettano ancora i critici, non si poteva certo in quei tempi tacciare di sconsideratezza ed insipienza, sostanziale ed esistenziale, due discepoli futuri Apostoli di Cristo: era meglio giocar di sponda. Chiamando in causa il disgraziato padre, gli antichi avrebbero rinviato così a discendenti ben più tardi, come gli altrettanto noti Ernesto ed Evaristo, l’ingrato fine di figurare come incarnazione umana d’una coppia di scarsa noméa e brillantezza di spirito. I sostenitori di questa interpretazione meno didascalica dell’etimologia biblica di ‘zebedéo’ sono i cosiddetti “contestualizzazionisti”, cosiddetti in quanto contestualizzano teorie e comportamenti politici e sociali moderni, in uno scenario che storicamente non sempre è però in grado di sostenerli appieno in ogni sfumatura ed accezione [11]. E’ però poco accurato definirli ‘i cosiddetti’ tout court, dato che il termine potrebbe portare a confusioni con altre accezioni.

Per questi critici moderni si sarebbe quindi trattato, per così dire, d’una deliberata aberratio ictus da parte dell’Uomo dell’Età di mezzo, che così facendo avrebbe scientemente calunniato figure innocenti, per sua meschina convenienza verbale [12]. In simili spregiudicatezze linguistiche, attizzate dal servile ossequio al potente di turno, i medievali erano esperti ben più di noi che abbiamo dimenticato le necessarie bassezze della vita cortigiana. Con ciò si dimostra che questa, come ogni altra tesi contestualizzazionista, ha un lato debole: se gli scenari storici a confronto sono radicalmente diversi fra loro, ogni ‘contestualizzazione’ è fuori luogo. Per i medievali al contrario gli Apostoli restavano invece sempre Apostoli, muniti d’ogni prerogativa apostolica benché tonti, e pure se la parola di Dio ripetutamente li aveva confermati immeritevoli di stima da parte di chiunque.

Gli antichi non si permettano mai di scherzar coi Santi, come fanno con leggerezza i Moderni. Al più, sfruttavano l’antitesi. Ai loro tempi , infatti, correre il rischio d’essere còlti in flagranza di ‘afferramento di sacri catàsti’ era quanto mai rischioso, tanto più quanto più preziosi e signorili erano i catàsti in questione.

[1] Rime di Domenico di Giovanni, detto il Burchiello (1404–1448), scrittore e drammaturgo rinascimentale

[2] Cfr Liber Proverbiorum, 24-28.

[3] Cfr De Mauro, Dizionario etimologico italiano, “Tèste. D da una radice osca târs – tras (tenere, sostenere). Anche nel senso di “quel che sorregge il diritto altrui”, Corssen e Froehde. Latinismo per testimone.”

[4] Cfr Genesis, 24-9 . “… posuit ergo servus manum sub femore Abraham domini sui et iuravit illi super sermone hoc.”

[5] Né era ammessa, nei tribunali della Serenissima Repubblica, la testimonianza di chioggiotti e marinanti, ancorché maschi e letterati, se non puntualmente confermata da altri due maschi non imparentati entro il quarto grado col testimone. Questa condizione limitativa escludeva l’istituto in pratica la testimonianza nei giudizi presso il tribunale clodiense, senza in evidenza arrecare gran danno all’amministrazione della giustizia locale.

[6] “ La Carfagna ? E’ santa Maria Goretti ! “ Cfr http://sonouningenuo.blogspot.com/2008/07/per-berlusconi-mara-carfagna-come-maria.html sulle dichiarazioni di Berlusconi riguardo l’eccellenza morale del ministro.

[7] Cfr Matteo, 20, 20-22 “.. Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: "Che cosa vuoi?". Gli rispose: " che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno". Rispose Gesù: "Voi non sapete quello che chiedete ..”

[8] Cfr Marco, 10,34-38 “ E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: "Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo". Egli disse loro: "Cosa volete che io faccia per voi?". Gli risposero: "Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". Gesù disse loro: "Voi non sapete ciò che domandate

[9] J Saramago, “Il Vangelo secondo Gesù Cristo”, Einaudi 2002, apparso con titolo originale “O Evangelho segundo Jesus Christo “, Lisbona 1997

[10] Cfr Marco 1,20 e Matteo 4,21-22 “.. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono..”

[11] Si veda ad es. Scheidel, von Reden “Ancient economy, twenty years after M.Finley“, Routledge, New York 2002 pag 146-147 per una trattazione contestualizzazzionista dell’andamento del prezzo del papiro egizio sul mercato mediterraneo al crollo del monopolio avvenuto in epoca ellenistica.

[12] Nel Codice penale italiano, punibile ai sensi dell’art 82 primo comma, in quanto aberratio ictus monoffensiva.

giovedì 5 febbraio 2009

GRATITUDINE

(Scalinata all’uscita del tribunale cittadino. Un uomo con aria dimessa viene scortato da alcuni gendarmi con l’aria truce, e spinto attraverso una folla inferocita che inveisce al suo indirizzo gridando “Mostro! mostro! ”. Un reporter si avvicina con un piccolo registratore in mano)

REPORTER (rivolto agli astanti) – Un attimo, non spingete ! Sono qui per lavorare ! (rivolto all’uomo) Cosa può dire ai nostri lettori ? Come sta vivendo questo momento, signor Candido ?

CANDIDO – Ma, cosa vuole che le dica ? Siamo nelle mani di Dio, niente altro. Dopotutto di nome io faccio Innocente, Candido Innocente. Un nome, una garanzia: ho fiducia che si risolva anche questo guaio, ecco tutto.

R.- Ma si aspettava mai qualcosa del genere ?

C.I. – No, francamente no. Quando ho visto quella busta per terra, mica ho pensato alle conseguenze. Mi sono detto: Innocente, qui qualcuno ha perso una busta per strada. Insomma, l’ho raccolta.

R. – E poi ? E poi com’è andata ?

C.I. Appena l’ho raccolta ho visto che era pesante, insomma, che non era una letterina d’auguri. Ho guardato se c’era scritto qualcosa sopra, sì che so, un nome, un indirizzo. Macché, niente.

R.- Signor Candido, com’è allora che si è accorto che c’era dentro qualcosa ?

C.I. Beh, che domande, lo guardata, l’ho pesata con la mano. L’ho girata, che so, che non ci fosse un indirizzo dove spedirla … o mi povr’ om, che disgrassia, che maleur l’è rivame ..

R.- Insomma, non ha trovato nulla ? Nessun segno, niente di niente ?

C.I.- Niente. Allora l’ho aperta, sa, mi incuriosiva, la sentivo pesante … Ed è stato allora che ho visto che era piena di biglietti da mille ! ma tanti, sa ? a j'ero propi tanti !

R.- Si, si, questo i nostri lettori già lo sanno ! E cosa ha pensato, cosa ha fatto dopo, signor Candido ? Anzi, possa chiamarla Innocente ?

C.I. – Si si, mi chiami pure Innocente, tutti mi chiamano Innocente, anche in famiglia, anche gli amici. Fin da piccolo, sa, da quando sono nato, mi chiamano tutti Innocente … che fai Innocente con la marmellata in mano ? mi diceva sempre la mia povera mamma …

R. – Si , si, Innocente, va bene. Ma adesso veniamo al sodo. Che hai fatto con la busta ?

C.I. – Beh, mi son detto: Innocente, sono un sacco di soldi. E pensi lei che erano le sei del mattino, non c’era un’anima in giro, lì sul marciapiede io stavo come un allocco, con la busta in mano. Allora mi son detto: Innocente, tu sei un onest’uomo, la busta va restituita ! Si, si, facile a dire, ma restituita a chi che non c’è un nome, un indirizzo, niente di niente ?

R.- Si, si, lo sappiamo. Ma allora che hai fatto ?

C.I. – Io faccio l’ortofrutta al mercato, sa ? Scarico le cassette al mattino, cassette dai camion. Quel giorno come al solito tornavo dal lavoro. Ma lo sa che quando va bene porto a casa seicento euro al mese ? E lì, in quella busta, c’erano tutti quei soldi ... Beh, contacc!, la tentazione m’è venuta. Altroché se mi è venuta … ma poi mi son detto. Noi della famiglia Candido siamo onesti da quando la famiglia sta al mondo, tutti onesti. Manco a pensé ‘na roba parej. Allora ho messo la busta in tasca e mi son detto: Candido, stiamo a vedere che magari domani chiedendo in giro non salta fuori il padrone ed allora gliela restituisco.

R. – Si, si. Allora ha preso la busta e te ne sei tornato a casa ?

C.I. Si, certo, a l’è andaita parej. Sono tornato a casa da mia moglie Frescenclìn. Sa, mia moglie si chiama così perché è di Savona, i Frescenclìn a Savona sono come i Candido a Montenevoso, che ce n’è pieno …

R.- Si, d’accordo, ma non divaghiamo. Come l’ha preso tua moglie ?

C.I. – Eh, eh, Frescenclìn ha fatto un salto. Tutti questi soldi ? E vorresti tenerli, mi ha detto ? Candido sì, ma mica ladro ! Non se ne parla nemmeno, com’è vero che mi chiamo Immacolata Frescenclìn ! noi Frescenclìn siamo persone oneste ! Ed io a dirle: ma no Immacolata, io non so di chi sono ! Non è che rubo, non so come altro fare. Come faccio a restituirli ? Ma lei niente, dura. Van restituiti, mi faceva, e se non si possono restituirli, allora li diamo in beneficenza a far del bene. Questa storia della beneficenza a me non mi è spiaciuta, m’è sembrata una bella cosa. Così siamo usciti e siamo andati dalla vedova Pautasso, quella signora vecchietta con l’aria sempre altezzosa che sta su nell’attico e che ha già sepolto uno zio, un gatto, un marito, la mamma e se va avanti così – poverina lei, che Dio la protegga – è sicuro che fa la festa anche a noi. Dicono che ha sempre bisogno di soldi, che non ha mai lavorato e che tutte le eredità che ha avuto nella vita gliele hanno mangiate i figli ed i nipoti piena com’è di parenti sanguisughe d’attorno … insomma, è proprio una poveretta che ha tanto bisogno, lo dicono tutti. Allora io ed Immacolata ci siamo detti : la vedova Pautasso è la persona giusta per fare beneficenza. Una bella beneficenza da un milione di euro !

R.- Un milione di euro ? C’era davvero un milione di euro dentro la busta ?

C.I. – No, non era proprio un milione tondo. C’era un po’ meno. Ma quando siamo andati su la vedova Pautasso s’è messa a contare le banconote una per una ed il conto l’ha fatto lei, io e Frescenclìn, noi autri suma nen bun-i a fé sté robe. Mi ha detto che erano 999.980 euro e mi fa: ma monsù Candido, proprio da lei un atto così basso e plebeo ? Qui mancavo 20 euro a far cifra, dove sono finiti ? Così ci ho aggiunto io 20 euro di mio perché mi era sembrato che la vedova Pautasso pensasse che ce li eravamo intascati noi … Noi Candido al buon nome ci teniamo …

R.- Caspita ! veramente un buon cuore. E a parte i venti euro la signora Pautasso come l’ha presa ?

C.I. Chi, lei ? bene, bene. Ci ha detto, grazie, grazie siete proprio gentili, mi fa proprio piacere questo milione, è da tanto che non ne vedevo uno. Anzi, mi fa tanto piacere che se ne trovate un altro ci faccio la coppia, sapete come stanno bene insieme come i candelabri nelle finestre degli olandesi. Sa, la vedova Pautasso è una signora tanto distinta, c’ha la casa piena di robe belle del povero zio, della povera mamma, del povero gatto, del povero marito… insomma, ci ha la casa piena di bella roba. Ma poi lei era di fretta che stavano arrivando i parenti e non ci ha fatto nemmeno accomodare. Sa, bisogna capirla la signora Pautasso, con tutti i figli ed i nipoti a pranzo e cena ci ha sempre un gran daffare che non poteva certo trattenerci a lungo con convenevoli. Ci ha ringraziato ancora e così io e Frescenclìn siamo andati a prendere la nostra Cinquecento per andare a fare la spesa.

R.- Ed è stato allora che … ?

C.I. – Eh, si. E’ stato allora che ci siamo accorti che mi avevano messo la multa per divieto di sosta. Per un quarto d’ora, capisce ? Un quarto d’ora e zac!, ‘l civic a l’à ciulame. Ma che ci vuol fare, siamo onesti noi Candido, e quel che è giusto è giusto. Un quarto d’ora c’era tutto, e la multa era meritata.

R.- E poi ? Che avete fatto ?

C.I. – Bah, mi son sentito un po’ baloss. Come, io faccio la beneficenza e ‘l civic a’m ciula ? E così quando siamo rientrati dalla spesa sono tornato dalla vedova Pautasso, che lei ci ha i figli che han studiato, un o è professore, l’altro è pure avvocato. Giusto a sentire che consiglio mi dava …. E allora lei mi ha detto: Innocente, c’as sagrin-a nen, non stìa a preoccuparsi. C’è qui mio figlio Wil che fa l’avvocato. Ci pensa lui alla multa. Anzi, lo chiamo subito. E’ tanto premurosa la vedova Pautasso, sa ?

R.- E così l’avvocato Will Pajetta vi ha fatto togliere la multa !

C.I. Eh, no, magari. L’avvocato Pajetta mi ha fatto andare nel suo studio, mi ha fatto aspettare un bel po’. Perché sa, mi ha detto, son pieno di clienti, ma dovevano essere la causa dell'Uomo invisibile. Poi mi ha detto: l’è roba complicata, una multa di divieto di sosta io l’ho vista arrivare fin in Cassazione, e mica solo una volta ! Uh, mica semplice, è un lavoro lungo, da curarsi .. Sa, c'è il prolegomeno, l'anticausidico e per stare sicuri - e mi ha pure strizzato l'occhio ! - nel nostro interesse insomma, guai a dimenticare il propedeutico maggiore e minore ... Eh eh, molti miei colleghi - e mi ha di nuovo strizzato l'occhio ! - molti miei "sedicenti" colleghi lo scordano, ma io mai mi scordo il propedeutico! Guai a scordarsi che Victa pugnaci jura sub ense iacent. Ma tant lu lì l'è latin, vojautri 'l latin lu capì nén. Ma facciamola semplice così: facciamo una bella causa e ci facciamo dare ragione … E’ così che incominciato tutto (Candido innocente si mette a singhiozzare disperato)

R.- Su su, Candido, fatti coraggio. La vita continua dopotutto …

C.I. – Ma come ? Come continua ? (Candido parla con voce spezzata). E’ vita questa ? ma lo sa, lo sa cosa è successo ? Siamo andati in tribunale per la multa. L’avvocato ha tanto insistito ed è venuta a testimoniare anche Frescenclin, però parlando si è confusa – povera Frescenclin, doveva tenere a mente qual che l’avvocato Pajetta voleva che dicesse, e si confondeva, povera, con l’avvocato che faceva gli occhi di fuoco, e così doveva dire ora bianco ora nero o blé e così ed il giudice mi ha raddoppiato la multa e mi ha pure condannato per stupro di Frescenclìn la prima notte di nozze, venti anni fa ! Cinque anni di galera, mi ha dato, e pure tre a Frescenclìn che giurava e spergiurava che lei c’era, sì, ma non era stata violenza e che anzi a lei non era nemmeno dispiaciuto ma quello l’ha condannata per discorsi osceni in un’aula di tribunale e non c’è stato niente da fare. Allora l’avvocato Pajetta ci ha detto: ho un asso nella manica ! Facciamo ricorso in Cassazione ! Sono un patrocinante in Cassazione io, li metto tutti nel sacco, io ! Oh oh, voglio un po’ vedere io se non li rimetto a posto, io ! Sono o non son un principe del foro ? ci diceva così l’avvocato Pajetta … si, si ma mica ci diceva di che foro era principe … Così ci siamo fidati ed abbiamo fatto ricorso …

R.- E poi, com’è andato il ricorso dell’avvocato Pajetta ?

C.I. (asciugandosi il naso che cola) Il ricorso ? Ah, il ricorso ! Il ricorso è andato che Pajetta ha parlato parlato e a me sembrava che non lo stesse a sentire nessuno, ma poi uno dei giudici ha preso in mano un foglio che aveva scritto Pajetta e credo ci fosse scritto come erano andate le cose, che non avevamo fatto niente di male e che non eravamo colpevoli né per la multa né per lo stupro e che eravamo brave persone e avevamo anche fatto della beneficenza ed allora il giudice ha messo gli occhiali, ha rigirato ben bene il foglio e ha detto: ma lo sa avvocato Pajetta che la pena di morte non c’è più in questo paese ? come si fa a chiedere la pena di morte per i suoi clienti ? Al che l’avvocato Pajetta è sembrato stizzito, s’è messo a batter il piede per terra ed a cominciato a gridare che c’era il fumus, che c’era il fuocus, e pure il reipsa e che tutti ce l’avevano con lui a cominciare da quel porco di suo fratello che doveva far interdire trenta anni fa e che adesso semina zizzania … Insomma ha fatto una cagnara, ma una cagnara che alla fine il giudice s’è commosso e la pena di morte l’hanno messa su solo per me. E’ stato un bel successo, non le pare ? certo, un avvocato come Pajetta non è mica uno sprovveduto, il suo lo sa fare.

R.- E’ questa, è questa la storia che volevano sentire i nostri lettori. Grazie, Innocente, grazie del tuo contributo. E tanti auguri.

C.I. – (Innocente Candido sorride stentatamente, mentre la folla riprende ad inveire contro di lui) Grazie, grazie a voi. Speriamo finisca bene, come è cominciata.

(I due gendarmi lo trascinano verso una forca)