giovedì 5 febbraio 2009

GRATITUDINE

(Scalinata all’uscita del tribunale cittadino. Un uomo con aria dimessa viene scortato da alcuni gendarmi con l’aria truce, e spinto attraverso una folla inferocita che inveisce al suo indirizzo gridando “Mostro! mostro! ”. Un reporter si avvicina con un piccolo registratore in mano)

REPORTER (rivolto agli astanti) – Un attimo, non spingete ! Sono qui per lavorare ! (rivolto all’uomo) Cosa può dire ai nostri lettori ? Come sta vivendo questo momento, signor Candido ?

CANDIDO – Ma, cosa vuole che le dica ? Siamo nelle mani di Dio, niente altro. Dopotutto di nome io faccio Innocente, Candido Innocente. Un nome, una garanzia: ho fiducia che si risolva anche questo guaio, ecco tutto.

R.- Ma si aspettava mai qualcosa del genere ?

C.I. – No, francamente no. Quando ho visto quella busta per terra, mica ho pensato alle conseguenze. Mi sono detto: Innocente, qui qualcuno ha perso una busta per strada. Insomma, l’ho raccolta.

R. – E poi ? E poi com’è andata ?

C.I. Appena l’ho raccolta ho visto che era pesante, insomma, che non era una letterina d’auguri. Ho guardato se c’era scritto qualcosa sopra, sì che so, un nome, un indirizzo. Macché, niente.

R.- Signor Candido, com’è allora che si è accorto che c’era dentro qualcosa ?

C.I. Beh, che domande, lo guardata, l’ho pesata con la mano. L’ho girata, che so, che non ci fosse un indirizzo dove spedirla … o mi povr’ om, che disgrassia, che maleur l’è rivame ..

R.- Insomma, non ha trovato nulla ? Nessun segno, niente di niente ?

C.I.- Niente. Allora l’ho aperta, sa, mi incuriosiva, la sentivo pesante … Ed è stato allora che ho visto che era piena di biglietti da mille ! ma tanti, sa ? a j'ero propi tanti !

R.- Si, si, questo i nostri lettori già lo sanno ! E cosa ha pensato, cosa ha fatto dopo, signor Candido ? Anzi, possa chiamarla Innocente ?

C.I. – Si si, mi chiami pure Innocente, tutti mi chiamano Innocente, anche in famiglia, anche gli amici. Fin da piccolo, sa, da quando sono nato, mi chiamano tutti Innocente … che fai Innocente con la marmellata in mano ? mi diceva sempre la mia povera mamma …

R. – Si , si, Innocente, va bene. Ma adesso veniamo al sodo. Che hai fatto con la busta ?

C.I. – Beh, mi son detto: Innocente, sono un sacco di soldi. E pensi lei che erano le sei del mattino, non c’era un’anima in giro, lì sul marciapiede io stavo come un allocco, con la busta in mano. Allora mi son detto: Innocente, tu sei un onest’uomo, la busta va restituita ! Si, si, facile a dire, ma restituita a chi che non c’è un nome, un indirizzo, niente di niente ?

R.- Si, si, lo sappiamo. Ma allora che hai fatto ?

C.I. – Io faccio l’ortofrutta al mercato, sa ? Scarico le cassette al mattino, cassette dai camion. Quel giorno come al solito tornavo dal lavoro. Ma lo sa che quando va bene porto a casa seicento euro al mese ? E lì, in quella busta, c’erano tutti quei soldi ... Beh, contacc!, la tentazione m’è venuta. Altroché se mi è venuta … ma poi mi son detto. Noi della famiglia Candido siamo onesti da quando la famiglia sta al mondo, tutti onesti. Manco a pensé ‘na roba parej. Allora ho messo la busta in tasca e mi son detto: Candido, stiamo a vedere che magari domani chiedendo in giro non salta fuori il padrone ed allora gliela restituisco.

R. – Si, si. Allora ha preso la busta e te ne sei tornato a casa ?

C.I. Si, certo, a l’è andaita parej. Sono tornato a casa da mia moglie Frescenclìn. Sa, mia moglie si chiama così perché è di Savona, i Frescenclìn a Savona sono come i Candido a Montenevoso, che ce n’è pieno …

R.- Si, d’accordo, ma non divaghiamo. Come l’ha preso tua moglie ?

C.I. – Eh, eh, Frescenclìn ha fatto un salto. Tutti questi soldi ? E vorresti tenerli, mi ha detto ? Candido sì, ma mica ladro ! Non se ne parla nemmeno, com’è vero che mi chiamo Immacolata Frescenclìn ! noi Frescenclìn siamo persone oneste ! Ed io a dirle: ma no Immacolata, io non so di chi sono ! Non è che rubo, non so come altro fare. Come faccio a restituirli ? Ma lei niente, dura. Van restituiti, mi faceva, e se non si possono restituirli, allora li diamo in beneficenza a far del bene. Questa storia della beneficenza a me non mi è spiaciuta, m’è sembrata una bella cosa. Così siamo usciti e siamo andati dalla vedova Pautasso, quella signora vecchietta con l’aria sempre altezzosa che sta su nell’attico e che ha già sepolto uno zio, un gatto, un marito, la mamma e se va avanti così – poverina lei, che Dio la protegga – è sicuro che fa la festa anche a noi. Dicono che ha sempre bisogno di soldi, che non ha mai lavorato e che tutte le eredità che ha avuto nella vita gliele hanno mangiate i figli ed i nipoti piena com’è di parenti sanguisughe d’attorno … insomma, è proprio una poveretta che ha tanto bisogno, lo dicono tutti. Allora io ed Immacolata ci siamo detti : la vedova Pautasso è la persona giusta per fare beneficenza. Una bella beneficenza da un milione di euro !

R.- Un milione di euro ? C’era davvero un milione di euro dentro la busta ?

C.I. – No, non era proprio un milione tondo. C’era un po’ meno. Ma quando siamo andati su la vedova Pautasso s’è messa a contare le banconote una per una ed il conto l’ha fatto lei, io e Frescenclìn, noi autri suma nen bun-i a fé sté robe. Mi ha detto che erano 999.980 euro e mi fa: ma monsù Candido, proprio da lei un atto così basso e plebeo ? Qui mancavo 20 euro a far cifra, dove sono finiti ? Così ci ho aggiunto io 20 euro di mio perché mi era sembrato che la vedova Pautasso pensasse che ce li eravamo intascati noi … Noi Candido al buon nome ci teniamo …

R.- Caspita ! veramente un buon cuore. E a parte i venti euro la signora Pautasso come l’ha presa ?

C.I. Chi, lei ? bene, bene. Ci ha detto, grazie, grazie siete proprio gentili, mi fa proprio piacere questo milione, è da tanto che non ne vedevo uno. Anzi, mi fa tanto piacere che se ne trovate un altro ci faccio la coppia, sapete come stanno bene insieme come i candelabri nelle finestre degli olandesi. Sa, la vedova Pautasso è una signora tanto distinta, c’ha la casa piena di robe belle del povero zio, della povera mamma, del povero gatto, del povero marito… insomma, ci ha la casa piena di bella roba. Ma poi lei era di fretta che stavano arrivando i parenti e non ci ha fatto nemmeno accomodare. Sa, bisogna capirla la signora Pautasso, con tutti i figli ed i nipoti a pranzo e cena ci ha sempre un gran daffare che non poteva certo trattenerci a lungo con convenevoli. Ci ha ringraziato ancora e così io e Frescenclìn siamo andati a prendere la nostra Cinquecento per andare a fare la spesa.

R.- Ed è stato allora che … ?

C.I. – Eh, si. E’ stato allora che ci siamo accorti che mi avevano messo la multa per divieto di sosta. Per un quarto d’ora, capisce ? Un quarto d’ora e zac!, ‘l civic a l’à ciulame. Ma che ci vuol fare, siamo onesti noi Candido, e quel che è giusto è giusto. Un quarto d’ora c’era tutto, e la multa era meritata.

R.- E poi ? Che avete fatto ?

C.I. – Bah, mi son sentito un po’ baloss. Come, io faccio la beneficenza e ‘l civic a’m ciula ? E così quando siamo rientrati dalla spesa sono tornato dalla vedova Pautasso, che lei ci ha i figli che han studiato, un o è professore, l’altro è pure avvocato. Giusto a sentire che consiglio mi dava …. E allora lei mi ha detto: Innocente, c’as sagrin-a nen, non stìa a preoccuparsi. C’è qui mio figlio Wil che fa l’avvocato. Ci pensa lui alla multa. Anzi, lo chiamo subito. E’ tanto premurosa la vedova Pautasso, sa ?

R.- E così l’avvocato Will Pajetta vi ha fatto togliere la multa !

C.I. Eh, no, magari. L’avvocato Pajetta mi ha fatto andare nel suo studio, mi ha fatto aspettare un bel po’. Perché sa, mi ha detto, son pieno di clienti, ma dovevano essere la causa dell'Uomo invisibile. Poi mi ha detto: l’è roba complicata, una multa di divieto di sosta io l’ho vista arrivare fin in Cassazione, e mica solo una volta ! Uh, mica semplice, è un lavoro lungo, da curarsi .. Sa, c'è il prolegomeno, l'anticausidico e per stare sicuri - e mi ha pure strizzato l'occhio ! - nel nostro interesse insomma, guai a dimenticare il propedeutico maggiore e minore ... Eh eh, molti miei colleghi - e mi ha di nuovo strizzato l'occhio ! - molti miei "sedicenti" colleghi lo scordano, ma io mai mi scordo il propedeutico! Guai a scordarsi che Victa pugnaci jura sub ense iacent. Ma tant lu lì l'è latin, vojautri 'l latin lu capì nén. Ma facciamola semplice così: facciamo una bella causa e ci facciamo dare ragione … E’ così che incominciato tutto (Candido innocente si mette a singhiozzare disperato)

R.- Su su, Candido, fatti coraggio. La vita continua dopotutto …

C.I. – Ma come ? Come continua ? (Candido parla con voce spezzata). E’ vita questa ? ma lo sa, lo sa cosa è successo ? Siamo andati in tribunale per la multa. L’avvocato ha tanto insistito ed è venuta a testimoniare anche Frescenclin, però parlando si è confusa – povera Frescenclin, doveva tenere a mente qual che l’avvocato Pajetta voleva che dicesse, e si confondeva, povera, con l’avvocato che faceva gli occhi di fuoco, e così doveva dire ora bianco ora nero o blé e così ed il giudice mi ha raddoppiato la multa e mi ha pure condannato per stupro di Frescenclìn la prima notte di nozze, venti anni fa ! Cinque anni di galera, mi ha dato, e pure tre a Frescenclìn che giurava e spergiurava che lei c’era, sì, ma non era stata violenza e che anzi a lei non era nemmeno dispiaciuto ma quello l’ha condannata per discorsi osceni in un’aula di tribunale e non c’è stato niente da fare. Allora l’avvocato Pajetta ci ha detto: ho un asso nella manica ! Facciamo ricorso in Cassazione ! Sono un patrocinante in Cassazione io, li metto tutti nel sacco, io ! Oh oh, voglio un po’ vedere io se non li rimetto a posto, io ! Sono o non son un principe del foro ? ci diceva così l’avvocato Pajetta … si, si ma mica ci diceva di che foro era principe … Così ci siamo fidati ed abbiamo fatto ricorso …

R.- E poi, com’è andato il ricorso dell’avvocato Pajetta ?

C.I. (asciugandosi il naso che cola) Il ricorso ? Ah, il ricorso ! Il ricorso è andato che Pajetta ha parlato parlato e a me sembrava che non lo stesse a sentire nessuno, ma poi uno dei giudici ha preso in mano un foglio che aveva scritto Pajetta e credo ci fosse scritto come erano andate le cose, che non avevamo fatto niente di male e che non eravamo colpevoli né per la multa né per lo stupro e che eravamo brave persone e avevamo anche fatto della beneficenza ed allora il giudice ha messo gli occhiali, ha rigirato ben bene il foglio e ha detto: ma lo sa avvocato Pajetta che la pena di morte non c’è più in questo paese ? come si fa a chiedere la pena di morte per i suoi clienti ? Al che l’avvocato Pajetta è sembrato stizzito, s’è messo a batter il piede per terra ed a cominciato a gridare che c’era il fumus, che c’era il fuocus, e pure il reipsa e che tutti ce l’avevano con lui a cominciare da quel porco di suo fratello che doveva far interdire trenta anni fa e che adesso semina zizzania … Insomma ha fatto una cagnara, ma una cagnara che alla fine il giudice s’è commosso e la pena di morte l’hanno messa su solo per me. E’ stato un bel successo, non le pare ? certo, un avvocato come Pajetta non è mica uno sprovveduto, il suo lo sa fare.

R.- E’ questa, è questa la storia che volevano sentire i nostri lettori. Grazie, Innocente, grazie del tuo contributo. E tanti auguri.

C.I. – (Innocente Candido sorride stentatamente, mentre la folla riprende ad inveire contro di lui) Grazie, grazie a voi. Speriamo finisca bene, come è cominciata.

(I due gendarmi lo trascinano verso una forca)

Nessun commento:

Posta un commento