venerdì 6 febbraio 2009

IL CATASTO E ZEBEDEO

Ciapé pei zebedei. Oppure, come disse il Burchiello, afferrar per li catasti. [1]
E’ un’immagine figurata che risale al basso medioevo, il cui significato è restato inalterato fino ai giorni nostri. Il concetto che sottintende – l’ingannare qualcuno carpendone la fiducia, ed adoperando parole non veritiere con malafede – è una curiosa inversione etimologica del figurato originale. Testis, il testicolo, in lingua latina sta anche per “testimone”. Il teste, colui che at-testa, che conferma, che rafforza la verità di un fatto o di un assunto. Ne sis testis frustra contra proximum tuum..[2]

Il sostantivo latino testis è legato al concetto di “tenere” [3], anche nel senso traslato di “sostenere il diritto”: testes tenere è etimologicamente una tautologia. Nel Vecchio Testamento [4] è menzionato il ricorso, da parte di un servo d’Abramo, all’usanza arcaica di garantire la parola data al suo padrone con l’atto rituale di regger in mano i signorili attributi. D’altra parte, visto che al tempo di Abramo il libro della Bibbia era ancora un work in progress, era giocoforza giurare su qualcosa di diverso, purché sacro e portatile. Inizialmente si è certi che i gingilli fossero quelli altrui, e questo rappresentava un bell’atto di fiducia da parte del proponente. La sacralità di questo gesto era intuitiva e garantita. Poi, con il diffondersi di tribunali e di giurie, cioè organismi privi di attrezzatura propria da affidare al teste, il gesto rituale si è affermato in termini più autoreferenziali, ciascun per sé. Il testimone declamava la propria verità con un braccio levato al cielo, ad invocare i Numi, ponendo l’altro in quella posizione che nei secoli appresso s’affermò come plateale gesto di scongiuro mediterraneo.

Anche su questo aspetto i critici hanno avuto da dibattere: taluni immaginano già al tempo un legame funzionale e concettuale fra il gesto d’invocazione d’un lato, e lo scongiuro dall’altro. Forse un prodromo di quella malafede che si sarebbe diffusa nei secoli bui spingeva già i Latini a cautelarsi ? Il problema di invocare efficacemente il Sacro, ritualizzando validamente il giuramento, in effetti non è più stato efficacemente risolto fino alla pioneristica applicazione dell’invenzione di Gutenberg, che insieme alla più ampia commercializzazione al dettaglio della legna in fascine, ha ristabilito un efficace deterrente per gli inadempienti. Ma questa soluzione su scala storica s’è rivelata inadeguata e provvisoria. La crisi di credibilità del rito, che mal si adattava al diffuso analfabetismo ed al disboscamento riesplose con l’istanza di parità di diritti alle donne e l’islamizzazione progressiva della civiltà occidentale. Solo in alcune pellicole anni Trenta il rito di conferma conserva una minima credibilità scenica, ma è tutto: nella vita d’ogni giorno è caduto nel ridicolo. Nei tempi arcaici, invece, quando la burocrazia tendeva allo funzionalità, più radicalmente né donne né magrebini[5] erano ammessi a testimonianza, ed erano dunque sollevati dalle difficoltà ritualistiche connesse ad una attestazione che sarebbe stato loro arduo validare utroque more.

Dunque, nei tempi che furono il testis, il teste, fisicamente afferrava per li catasti sé o gli altri quando pubblicamente si impegnava a dire il vero. In tutta evidenza, già nel medioevo sembra che i più nutrissero dubbi sull’efficacia probatoria di questo rito, tanto che l’ afferrar per li catasti stava ormai a rappresentare, nell’immaginario collettivo, l’esatto opposto dell’intento originario. E’ una figura classica nell’arte retorica. Si chiama antitesi o contrapposizione: dire qualcosa per intendere il contrario. [6]

Più complesso è ricondurre il concetto di testimonianza alla figura evangelica di Zebedéo, padre dei discepoli Giacomo e Giovanni. Sappiamo di lui solo indirettamente. Per certo la sua storica fama di scarsa brillantezza mentale è del tutto immeritata. Al più, nel dettato evangelico, la figura da testes la incarnano i due figli di Zebedéo, che secondo l’autorevole fonte citata osarono perfino mandare avanti la mamma al posto loro, perché patrocinasse le loro richieste strampalate. Senza che i due bamboccioni siano riusciti d’altro canto ad ottenere che Gesù Cristo modificasse la scarsa opinione che aveva su di loro. Così almeno ci tramanda il verbo di Dio [7] [8].
Gesù Cristo, s’immagina uomo mite e ben educato, non li definì nel modo più icastico che verrebbe spontaneo ad un contemporaneo. I posteri fecero però confusione sulla Divina intenzione, ed attribuirono in toto la dabbenaggine al solo papà, piuttosto che ai due fratelli. Narra infatti il Nobel Saramago che

Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo erano due sempliciotti cui per burla si soleva domandare, Chi è il padre dei figli di Zebedeo ? ed i due meschini restavano interdetti, smarriti, e neanche il fatto che conoscessero la risposta perché evidentemente la sapevano, essendo loro i figli, neppure questo risparmiava loro un attimo di perplessità e di angoscia. … La loro semplicità di spirito non era stupidità né ritardo d’ingegno, loro vivevano come se stessero sempre pensando ad altro, ecco perché all’inizio esitavano quando veniva loro domandato come si chiamava il padre dei figli di Zebedéo, e non capivano il perché la gente ridesse così di gusto quando finalmente, trionfalmente rispondevano, Zebedéo! [9]

Il povero pescatore Zebedeo, padre di tanta schiatta continuò dunque a spaccarsi la schiena per la deludente famiglia, ed il suo nome condannato dalla Storia, senza apparente ragione, alla biblica taccia di “tontolone” ovvero di “balosso”. [10] A meno che, e su questo punto diversi illustri critici non trovano accordo, i posteri non abbiano voluto riferirsi specificamente ai due fratelli in senso denigratorio, indirizzando però la loro disapprovazione verso il patronimico, un nome a cui erano collegabili solo in per via presuntiva dato che nemmeno loro stessi erano tanto sicuri dell’essere realmente figli di Zebedeo. Dopotutto, argomenta qualcuno, di biblici Zebedei storicamente non sono due, ma uno solo. E poi, obbiettano ancora i critici, non si poteva certo in quei tempi tacciare di sconsideratezza ed insipienza, sostanziale ed esistenziale, due discepoli futuri Apostoli di Cristo: era meglio giocar di sponda. Chiamando in causa il disgraziato padre, gli antichi avrebbero rinviato così a discendenti ben più tardi, come gli altrettanto noti Ernesto ed Evaristo, l’ingrato fine di figurare come incarnazione umana d’una coppia di scarsa noméa e brillantezza di spirito. I sostenitori di questa interpretazione meno didascalica dell’etimologia biblica di ‘zebedéo’ sono i cosiddetti “contestualizzazionisti”, cosiddetti in quanto contestualizzano teorie e comportamenti politici e sociali moderni, in uno scenario che storicamente non sempre è però in grado di sostenerli appieno in ogni sfumatura ed accezione [11]. E’ però poco accurato definirli ‘i cosiddetti’ tout court, dato che il termine potrebbe portare a confusioni con altre accezioni.

Per questi critici moderni si sarebbe quindi trattato, per così dire, d’una deliberata aberratio ictus da parte dell’Uomo dell’Età di mezzo, che così facendo avrebbe scientemente calunniato figure innocenti, per sua meschina convenienza verbale [12]. In simili spregiudicatezze linguistiche, attizzate dal servile ossequio al potente di turno, i medievali erano esperti ben più di noi che abbiamo dimenticato le necessarie bassezze della vita cortigiana. Con ciò si dimostra che questa, come ogni altra tesi contestualizzazionista, ha un lato debole: se gli scenari storici a confronto sono radicalmente diversi fra loro, ogni ‘contestualizzazione’ è fuori luogo. Per i medievali al contrario gli Apostoli restavano invece sempre Apostoli, muniti d’ogni prerogativa apostolica benché tonti, e pure se la parola di Dio ripetutamente li aveva confermati immeritevoli di stima da parte di chiunque.

Gli antichi non si permettano mai di scherzar coi Santi, come fanno con leggerezza i Moderni. Al più, sfruttavano l’antitesi. Ai loro tempi , infatti, correre il rischio d’essere còlti in flagranza di ‘afferramento di sacri catàsti’ era quanto mai rischioso, tanto più quanto più preziosi e signorili erano i catàsti in questione.

[1] Rime di Domenico di Giovanni, detto il Burchiello (1404–1448), scrittore e drammaturgo rinascimentale

[2] Cfr Liber Proverbiorum, 24-28.

[3] Cfr De Mauro, Dizionario etimologico italiano, “Tèste. D da una radice osca târs – tras (tenere, sostenere). Anche nel senso di “quel che sorregge il diritto altrui”, Corssen e Froehde. Latinismo per testimone.”

[4] Cfr Genesis, 24-9 . “… posuit ergo servus manum sub femore Abraham domini sui et iuravit illi super sermone hoc.”

[5] Né era ammessa, nei tribunali della Serenissima Repubblica, la testimonianza di chioggiotti e marinanti, ancorché maschi e letterati, se non puntualmente confermata da altri due maschi non imparentati entro il quarto grado col testimone. Questa condizione limitativa escludeva l’istituto in pratica la testimonianza nei giudizi presso il tribunale clodiense, senza in evidenza arrecare gran danno all’amministrazione della giustizia locale.

[6] “ La Carfagna ? E’ santa Maria Goretti ! “ Cfr http://sonouningenuo.blogspot.com/2008/07/per-berlusconi-mara-carfagna-come-maria.html sulle dichiarazioni di Berlusconi riguardo l’eccellenza morale del ministro.

[7] Cfr Matteo, 20, 20-22 “.. Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: "Che cosa vuoi?". Gli rispose: " che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno". Rispose Gesù: "Voi non sapete quello che chiedete ..”

[8] Cfr Marco, 10,34-38 “ E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: "Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo". Egli disse loro: "Cosa volete che io faccia per voi?". Gli risposero: "Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra". Gesù disse loro: "Voi non sapete ciò che domandate

[9] J Saramago, “Il Vangelo secondo Gesù Cristo”, Einaudi 2002, apparso con titolo originale “O Evangelho segundo Jesus Christo “, Lisbona 1997

[10] Cfr Marco 1,20 e Matteo 4,21-22 “.. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono..”

[11] Si veda ad es. Scheidel, von Reden “Ancient economy, twenty years after M.Finley“, Routledge, New York 2002 pag 146-147 per una trattazione contestualizzazzionista dell’andamento del prezzo del papiro egizio sul mercato mediterraneo al crollo del monopolio avvenuto in epoca ellenistica.

[12] Nel Codice penale italiano, punibile ai sensi dell’art 82 primo comma, in quanto aberratio ictus monoffensiva.

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